Vecchio Giorgio 9


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Racconti vari

UN PRIMO AMORE SENZA SPERANZA !  IL BIG BANG I PENSIERINI CATTIVI DI GIORGIO FRANCA & GIORGIO
PERPLESSITA' CREDERE IN DIO LA NATURA  

 

UN PRIMO AMORE SENZA SPERANZA !

 

Canzo - Estate 1929.

 

Mia sorella Renata frequentava una compagnia di ragazze villeggianti, della sua medesima età, più o meno diciottenni, con le quali, nei pomeriggi assolati, andava nei boschi a cercare tra i cespugli, more, fragoline e, specialmente, i profumatissimi ciclamini.

 

A quelle incursioni boschive io, allora quasi decenne, facevo parte, anche perché, per abituale ordine materno, ero imposto alla sorveglianza (mutua?) di mia sorella. Comunque il fatto mi era gradito, per il piacere che mi recava la ricerca e la scoperta dell'olezzante ciclamino.

 

Le ragazze erano gentili con me, ed io mi comportavo bene con loro, perché la mia età prepubere mi faceva intuire che, in un prossimo avvenire, quella merce probabilmente mi avrebbe potuto interessare.

 

Mai scherzare col fuoco! Nemmeno in età prepubere. Infatti finii per innamorarmi di Tina, una bella diciannovenne, alta, bionda, con un viso angelico: tirabaci! Pensavo sempre a lei, me la sognavo, maledicevo la mia giovanissima età, la quale mi impediva di competere con i giovanotti, suoi coetanei, che la corteggiavano. In qualsiasi occasione Tina fosse presente, io ero là: di persona o col pensiero.

 

Però, tenevo segretissimo il mio sentimento, tanto che tutti finirono per accorgersi di questa mia prematura passione, e iniziarono a insinuare e a prendermi in giro. In compenso Tina, che capiva la mia sofferenza, divenne con me più affettuosa, per cui mi convinsi che, oltre ad essere bella, era anche buona. Naturalmente, io negavo, negavo, negavo di fronte a tutti, il mio ardore per lei.

 

Alla stazione di Canzo, il giorno in cui partì, Tina, attorniata da amiche ed amici venuti a porgerle il saluto di commiato, mi propose sorridendo: "Giorgio: mi dai un bacio?". Vergognoso, risposi brutalmente: "No!". Tutti risero divertiti, e lei, ripetuto inutilmente il suo invito, si limitò poi, mentre il treno partiva, ad inviarmi un ciao e un bacio con la mano.

 

Quel bacio che rifiutai, mi restò tutta la vita sul gozzo, assieme a tante altre simili occasioni, anche molto più remunerative, che lasciai perdere, per rimpiangerle ora che sono vecchio !

 

 

 

 

IL BIG BANG

 

In Astronomia, una certa teoria afferma, che l'Universo sia nato da un unico nucleo compatto di materia, che si è disintegrato a causa di una grande esplosione, detta Big bang.

 

Tale botto ha disperso nello spazio, a miriadi, frammenti di tale globo primordiale, i quali ora costituiscono il complesso di galassie, con i loro astri, pianeti, satelliti, e altri corpi celesti.

 

L'impulso iniziale, impresso ai detriti del nucleo persiste, e fa sì che l'Universo sia tuttora in continua espansione nello spazio siderale.

 

Recenti altre teorie, sarebbero in grado di dimostrare, che tale espansione del Cosmo rallenterà, in un futuro astronomico remoto, sino ad arrestarsi completamente, per iniziare quindi una contrazione che, nel corso di milioni di millenni, finirebbe per ricostituire il nucleo originario, pronto di nuovo ad esplodere.

A suffragio di questa riconversione, gli scienziati si richiamano ai "buchi neri", che sarebbero originati da astri morenti, i quali, in virtù di una forza simile a quella centripeta, concentrerebbero la propria materia e, attraendola, anche quella che transita nei dintorni; compattando il tutto in un unico nucleo, che poi esploderebbe. La forza che accentra la materia è tale da assorbire anche la luce, per cui gli astronomi che scrutano il cielo, non vedono l'astro morente, ma in suo luogo uno spazio vuoto nella nebulosa, ovvero un "buco nero".

 

Tutto sommato, l'idea di un Big bang, che crea l'Universo, il quale si espande e che poi si contrae per esplodere di nuovo, non può esimere una mente umana, limitata e agnostica come la mia, dal chiedersi se la Natura non abbia altro da fare, che fare e disfare 

 

 

 

 

I PENSIERINI CATTIVI DI GIORGIO

* Spesso la Giustizia è un'opinione e la legge il suo pretesto.

* Prima di giudicare per ciò che hai ricevuto, giudica per ciò che hai dato.

* Dell'amore e dell'amicizia, molti fan baratto.

* La Coscienza rimorde chi ce l'ha.

* I vecchi non fanno preventivi, ma consuntivi: ecco perché vivono di ricordi.

* Io esisto, ma chi sono?

* A vent'anni: la vita è un diritto; a cinquanta: una possibilità; a settanta: un miracolo.

A ottanta: "Ma tu che fai ancora qui?"

* E' più facile essere profeti in Patria, che padri ammirati dai propri figli.

* Si vive sempre sull'orlo di un precipizio. Gli incoscienti non se ne accorgono e campano felici.'

* La fama, insuperbisce.

* La cultura modifica l'ego. Non sempre in meglio.

* Senza un briciolo di fortuna, ogni virtù è vana, per un minimo di successo.

* LA Medicina salva molte vite e molte altre le mette a rischio.

* E' irrazionale che l'ottimista abbia paura della morte.

* Perché l'esistenza dovrebbe avere una ragione?

* Le gioie passano presto i dolori no.

* La dignità è un lusso che può permettersi anche il povero.

* Molti si guadagnano pane, companatico, dessert e caffè; tacciando di empietà chi non offre per i poveri.

* Ognuno ha la sua croce. C'è anche chi se l'è sposata.

* Non ci dobbiamo mai pentire delle buone azioni che abbiamo compiuto, anche se molte volte ce ne viene data l'occasione

* Meschino è colui che non sa ironizzare su sé stesso.

* Se non ci fossero certi cretini, quanti egoisti morirebbero di fame.

* Molti reclamano il diritto di fregarsi con le proprie mani.

* Alla vecchiaia non si può fare abitudine, perché s'aggrava col passare degli anni.

* L'affetto è una merce che non si compra né si vende.

* Del calore umano, che non costa niente, quant'è avara la gente!

* La Fede è: credere a scatola chiusa.

* Quando lo "Scemo del Paese" compra la casa, si ha lo "Scemo di Condominio".

* Se avessi ciò che altri hanno e io non ho, chiederei soltanto di avere ciò che altri hanno e io non ho.

* Noi non siamo come crediamo di essere, ma come gli altri ci vedono.

* Si dice: "I bambini d'oggi sono più intelligenti.". Forse è più vero affermare, che quelli di una volta, non riuscivano a far fessi i propri genitori.

* L'unico modo per far rispettare le leggi è quello di legalizzare l'illegalità.

* Nessuno si permetta di toccare Caino! Limitatevi a sparargli.

* L'essere vivente è un tubo digerente in prestito all'ego, che lo deve continuamente riempire e svuotare. E non si sa per quanto tempo.

* Non mi sono mai spiegato perché Dio abbia bisogno dei Cardinali, per farsi capire dai comuni mortali.

* La psicologia è quel ramo della Scienza, per cui chi la pratica non evita le fregature della vita, ma almeno capisce perché le ha prese.

* I soldi non danno la felicità, però consentono di disperarsi per altri motivi.

* I filantropi devono stare molto attenti a non fare la carità ai ricchi.

* La vita è come un'amante perversa: ti fa piangere, ma quando se ne va ti disperi.

* Dio li fa e li accompagna, ma molto spesso sbaglia.

* Solo i disonesti pensano che tutti li vogliano imbrogliare.

* La vita è una fogna, / ogni giorno una rogna, / se van bene le valute, / ti difetta la salute.

* Quando stai per morire, capisci di aver avuto un biglietto omaggio, per assistere a una commedia o a un dramma, e che ora devi uscire dal teatro.

* La percentuale dei disonesti nel mondo è tanto alta, che un onesto non è creduto, né dai tanti disonesti, né dai pochi onesti.

* Non vale la pena imparare la buona educazione. Quando la conosci devi accettare la villania degli altri.

* Io mi grufolo, come un maiale, nel triste e nel doloroso, ma la materia prima non me la vado a comperare. Arriva gratis!

* Redditi e Assistenza Sociale.

Il Fisco: 1) - Ti ordina di comprare una corda; 2) - Di farne un cappio ad un capo; 3) - Di legare l'altro capo alla trave di casa tua; 4) - Di salire su uno sgabello; 5) - Di metterti il cappio al collo; 6) - Poi incarica un Assistente Sociale di dare un calcio allo sgabello.

* La buona salute è una pausa tra due malattie.

* Purtroppo, alle volte, viene da dire, che non ci si può fidare neanche del Padre Eterno.

* Se i sistemi di sicurezza fossero aboliti, la percentuale dei cretini, nel mondo civile, crollerebbe.

* Quante brutte cose ho perduto di fare nella mia vita, perché la Televisione non è stata inventata prima!

* Capisco come i delinquenti riescano a fare tanti soldi, ma non come ci arrivino molti imbecilli.

* Un Clinico così definì l'amore: "Un cocktail di secrezioni ghiandolari".

* Progresso. Ogni scoperta crea nuovi problemi: forse non valeva la pena cominciare.

* Fortuna e scalogna. Per qualcuno non esiste l'alto e il basso ma soltanto: il sommerso e l'affondato.

*Perché inorridire, all'idea che leone sbrani la gazzella, se neanche i "Pacifisti" per questo manifestano?

* La supponenza, spesso maschera la grettezza.

* Essere sfaticati è un difetto di nascita che porta facilmente alla politica rivoluzionaria.

* Invecchiando, l'essere umano prende sempre più l'aspetto somatico, del suo più estremo ascendente quadrumane.

* Tacere una verità è come dire una bugia.

* Abbiamo sempre risoluzioni pronte, per i problemi degli altri. S'intende a loro spese.

* La convivenza civile è un impegno morale per il quale devi lasciare, senza proteste, lo spazio di parcheggio a chi te lo ruba.

* La guerra ha poche regole, la rivoluzione nessuna.

* Ricorrere al dentista è un atto di dichiarato masochismo perché: 1) Ti procura dolore fisico; 2) Ti rimprovera per l'incuria dei tuoi denti; 3) Ti fa pentire di esserci andato, quando ti presenta il conto.

* Giovani e vecchi si confrontano, ma i vecchi hanno un punto di vantaggio: la gioventù l'hanno vissuta!

* Se per diventare condomini si dovesse superare un esame, la maggior parte degli edifici privati, sarebbe ancora padronale.

* Io propongo, ma Dio dispone sempre diversamente.

* Il principale guaio dell'essere umano, lo espresse un mio vecchio amico lombardo: "Se pò minga fàa a men de pensàa!". (Non si può fare a meno di pensare!).

 

* Dietro alle spontanee dimostrazioni delle masse umane... ci sono sempre dei Cow-Boys!

 

giomarkin@virgilio.it - VECCHIO GIORGIO

 

 

 

 

FRANCA & GIORGIO

 

I furbi se ne approfittano,

perché scambiano la loro

arrendevolezza per cretineria

 

Gli invidiosi li odiano,

perché apprezzano le loro capacità.

 

Due disonesti, di loro, dissero:

"A quei due, quando sono assieme,

mica gliela fai.".

 

Solo loro sanno, quali sono i buoni doc;

ma non lo dicono. E' il loro segreto!

 

giomarkin@virgilio.it - VECCHIO GIORGIO

 

 

 

PERPLESSITA

Quand’ero ancora infante, mia sorella, che allora aveva dodici anni, mi disse discorrendo: "Tutti dobbiamo morire.". Rivelava una tragica verità, da me sino a quel momento ignorata. Volli saperne di più: Renata non si fece pregare e chiarì sbrigativamente: "Un giorno, capita a tutti, uno si sente male, o finisce sotto al tram, e muore; poi il suo corpo si scioglie e puzza. Ecco perché i morti si seppelliscono." Chiesi con poca speranza. "Anch’io dovrò morire?". La risposta fu categorica e spietata: "Si, anche tu, e io, e Livio e tutti gli altri. Anche mamma e papà. Loro forse prima di noi perché sono vecchi.".

Fu un colpo! Nella mia mente: paura, ragionamenti e interrogativi, sulla fine della vita, andarono di pari passo; e non penso che a tutti i miei consimili, riguardo a questa rivelazione, sia andata tanto diversamente.

Ma a me, quel giorno, lasciò il segno. La coscienza della morte mi guastò da allora ogni momento lieto del vivere, a cominciare dal mattino quando, scendendo dal letto; e anche prima, nel dormiveglia; una voce interna, come di funereo confratello trappista, mi ammonisce: "Ricordati che dovrai morire".

Le ricorrenti crisi esistenziali che mi colsero nella prima adolescenza, indussero un giorno mio padre a portarmi nell’ambulatorio dell’ineffabile dottor Pasargiklian, il quale diagnosticò secco: "Giovanotto, queste sono cose che succedono alla tua età.". Terapia: "Non ci pensare!".

A casa Papà ribadì: "Hai sentito cosa ha detto il dottore? Non ti devi preoccupare: la morte, è fatale che colga tutti; per altro, sei così giovane che a te succederà fra tanto, tanto tempo". Replicai: "Sì, ma il tempo passa e quando accadrà a me, sarà come fosse adesso!".

Mio padre restò impressionato da questo e altri miei discorsi e mi confessò che purtroppo questo tipo di ragionamenti, e di pensieri, e di terrori; li aveva anche lui e, prima di lui, avevano assillato anche sua madre. Costernato, mi pronosticò che avrei avuto anch’io una vita di tormenti psicologici. A cominciare dal più nero pessimismo.

Questa mia mentalità, sin d’allora, influì su certi valori dell’esistenza, che persero per me significato come, per esempio il denaro, il possesso di beni, la vanità, la competizione. Il tutto, s’intende, in senso relativo. Le esigenze della vita impongono all’essere umano, come pure agli animali, di procurarsi cibo, e ricovero, per sé e per la propria progenie. Ed io mi sono adeguato, e mi sono anche battuto, per difendere onestamente il mio diritto a soddisfare queste necessità, oltre a pensare, per quanto possibile, anche alla sicurezza del domani ma, beninteso, senza ambizioni di opulenti traguardi. Ciò, in compenso, mi ha affrancato e mi affranca totalmente dall’invidiare chi è più fortunato di me.

Quando si pensa alla fine della nostra vita, ci si pongono interrogativi sull’esistenza di Dio e su quella di un "al di là". Io, per natura scevro da ogni influenza esterna, dopo averci pensato per decenni, dopo aver letto su questi argomenti autori laici più o meno illustri, e resistito ai dettami e agli anatemi del catechismo, sono arrivato e sono rimasto alla conclusione che, umanamente, non trovo risposta a queste domande.

Un giorno, fui fermato per strada da due giovanissimi adepti della setta dei Mormoni. Essi mi parlarono della loro fede. Io risposi che, alla mia età, si hanno sull’argomento delle convinzioni già abbastanza stabili; al che i miei interlocutori replicarono che per me, forse, non tutto era perduto; a condizione però che, mentalmente e con insistenza, mi fossi ripetuto i loro precetti. Allora chiesi se, quella che mi suggerivano, non fosse, per caso una pratica di autosuggestione. Se ne andarono molto confusi e a me venne il rimorso di averli messi, forse, sulla strada della riconversione.

 


CREDERE IN DIO

Innanzitutto, quando si discute di Dio, tale parola dovrebbe essere ben definita per non creare equivoci.

Questo chiarimento è avvenuto all’inizio di un dibattito; trasmesso nel l948 dal 3° Programma della BBC; fra Lord Bertrand Russell, matematico e filosofo di fama mondiale, dichiaratosi "agnostico"; e il religioso anglicano Padre F.C.Copleston.

- Copleston: "Accingendoci a discutere sull’esistenza di Dio, ritengo opportuno accordarci momentaneamente sul significato che diamo alla parola Dio. Credo che intendiamo un Ente Supremo, personale, distinto dal Mondo e creatore del Mondo. Siamo d’accordo?"

- Russell: "Sì. Accetto questa definizione.".

Chi volesse saperne di più, può trovare il testo completo del dibattito, al Capitolo XIII del libro "Perché non sono cristiano", di Bertrand Russell.

Per quel poco che ne ho capito, il dialogo, è stato un confronto tra esoterici e, si è concluso lasciando i due illustri intellettuali sulle convinzioni di partenza. Ovviamente.

Quando un "non credente" esprime le sue incertezze sull’esistenza di Dio, molti dei sinceri o sedicenti "credenti" che lo ascoltano, lo dichiarano sbrigativamente ateo, il che ha il sapore di un: "Chi non è con me, è contro di me". E’ un giudizio che sa molto di "Santa Inquisizione", sulla quale oggi la Chiesa, ha già fatto ammenda. Se si indaga con discernimento, forse gli atei sono in numero di molto inferiore a quanto non si pensi perché, in argomento, oltre all’ateismo, ci sono altri ordini laici di pensiero. Vediamo:

L’ "Ateismo": è la semplice negazione dell’esistenza di Dio.

L’ "Agnosticismo": è l’incapacità della mente umana di conoscere l’assoluto e la conseguente inutilità d’indagine.

L’ "Agnosteismo": è una particolare forma di agnosticismo, che ritiene la ragione umana incapace di conoscere Dio, il quale sarebbe conoscibile solo per vie non razionali, come la Fede.

La Fede, quella vera, è una grazia di Dio, un bene dell’intelletto riservato a pochi e, detto fra noi, un’ingiustizia della Sorte. Perché ad alcuni sì e ad altri no? San Paolo, persecutore di cristiani, fu folgorato dalla visione di Cristo sulla strada di Damasco: beato lui. Tanti la Fede se la danno o dicono di averla; ma è un fai da te, perché la manipolano secondo le proprie necessità, convenienze e speranze terrene.

Arturo Hruska, un medico boemo che, col fratello Kurt, era di casa in Vaticano, dove praticavano cure odontoiatriche agli alti prelati, Pontefice compreso; ha raccontato che suo fratello fu l’unico a comunicare a Papa Giovanni XXIII, la diagnosi esatta di un tumore, spiegandogli per filo e per segno che cosa lo attendeva. Il Santo Padre allora bisbigliò: "Ah, che felicità! Vado nelle braccia di Dio.". Per me questo è un innegabile esempio di vera Fede; ma forse ho torto perché, durante un dibattito alla televisione, ho sentito un vescovo dichiarare, che tutti hanno paura della morte, e che ciò non ha nulla a che vedere con la Fede. E forse aveva ragione, perché Papa Wojtyla, alias Giovanni Paolo II, dal suo balcone di Piazza S.Pietro, una volta dichiarò, alla massa di fedeli in ascolto, che ringraziava la Madonna per averlo fatto guarire, da uno dei tanti malanni che l’aveva colpito.

Molti anni fa il signor Terlizzi, un mio conoscente abruzzese, massone e ateo, parlando di conversioni in articulo mortis, opinava che non si può dar credito alle affermazioni di un moribondo, perché la paura e il marasma psichico conseguenti al suo stato, non lo mettono in perfette condizioni di intendere e volere. Ciò che deve contare, sosteneva, è l’opinione che il soggetto aveva in argomento, quando si trovava in buona salute psicofisica. Forse il signor Terlizzi metteva avanti le mani, per salvarsi la reputazione postuma di miscredente.

Nella vita comune, in tante occasioni di carattere religioso o culturale, in cui si addiviene a parlare di Dio, si trascura l’importante premessa che Bertrand Russell e Padre F.C. Copleston, posero nel loro dibattito televisivo: il significato che si dà alla parola Dio. Cosicché quando qualcuno, asserisce che Dio è la Natura, si contraddice in termini, perché la Natura (tolgo da uno dei tanti vocabolari) è "il complesso delle cose e degli esseri dell’Universo", mentre Dio, secondo Padre Copleston deve intendersi come "Ente supremo personale".


 

 

 

LA NATURA

L’ateismo nega che una Persona immateriale, onnipotente, onnisciente e onnipresente, chiamata Dio, sia creatrice dell’Universo e quindi della Natura. Per l’ateo, la Natura, con le sue leggi universali, si è creata da sé. E’ dura da accettare anche una tale ipotesi.

John Stuart Mill (1806-73), filosofo ed economista inglese afferma, nella sua autobiografia: "Mio padre mi insegnò che la domanda: ‘Chi mi creò?’, non può avere risposta, perché suggerisce immediatamente un nuovo interrogativo: ‘Chi creò Dio?’ ".

Già: chi mi creò?. Il quesito diventa strettamente personale. Ad un certo momento, nella vita del creato, un embrione, sviluppatosi da un uovo fecondato, e cresciuto in un ambito uterino, riceve un intelletto e viene espulso, con dolore, in un dato punto della crosta terrestre. Ecco qua il mio corpo, senza marca né istruzioni per l’uso. Chi ha deciso per me, nella sterminata dimensione dell’eternità, il giorno e il luogo della mia nascita? E, nel mio caso personale, devo dire grazie: poteva andarmi anche molto peggio. Dai primi giorni della mia esistenza ho dovuto imparare a reggermi, a camminare e tante altre regole di vita, compresa quella, di dover svolgere un’attività lavorativa per potermi sostentare. Quando finalmente, dopo tanta fatica, ho ottenuto il diploma di abitante della terra, non posso oppormi a che, prima o poi, il mio "essere" venga estinto, indipendentemente dalla mia volontà, e con buona pace del mio "libero arbitrio". In tale attesa, la mia vita è costellata da poco piacere e tanta sofferenza. Ciò richiama la paradossale affermazione di un ignoto umorista francese: "La felicità? E’ la somma di tutte le disgrazie evitate.". Marcello Marchesi, commediografo ed uomo di spettacolo, sentenziò sarcasticamente: "L’uomo invecchiando migliora; quando è perfetto: muore.".

A chi spetta il merito o la responsabilità della mia esistenza? Per quanto ne so; non mi venne chiesto, prima della mia nascita, se avrei o meno gradito di venire al mondo.

L’Induismo, basa le concezioni della vita su ripetute reincarnazioni (samsära), e sul Karma: questo, sarebbe un bilancio morale dell’incarnazione precedente, il quale porterebbe progressivamente, a raggiungere la perfezione dell’anima e quindi alla liberazione definitiva del samsära.

Ciascuno è libero di aderire a qualsiasi credenza. Per quanto mi riguarda azzardo una mia personale illazione. A lume di logica umana (la mia), è poco credibile ammettere la persistenza dell’anima in un’altra dimensione, se non si suppone anche un’analoga esistenza, precedente alla vita, nella medesima dimensione. E se si ammette questa pre-esistenza, non si può ragionevolmente escludere di aver commesso in tale occasione qualche peccato, per cui la nostra attuale presenza terrena, sarebbe il fio da scontare per tale trasgressione. Tutte le penose domande che l’essere umano è condannato a porsi sulla propria effimera e sofferta essenza materiale, fanno parte del suo tormento; e il poco di buono che riceve in tale corso, è da considerarsi un’aggiunta alla sua dannazione. I filosofi ammoniscono: "L’uomo nasce piangendo e piangendo muore". Aggiungo io: "E durante la vita, ride sempre?".

La Natura, in sé, quindi non è buona né cattiva: il giudizio su di essa dipende dall’esistenza di un soggetto che la valuti. Sulla Terra, è l’Homo sapiens sapiens che può esprimersi in tal senso e lo fa nei limiti della sua essenza e convenienza, per cui egli ritiene buona la Natura, se lo premia con un abbondante raccolto di messi, e malvagia se suo figlio muore travolto in montagna da una frana.

A scuola ci hanno insegnato che la Natura si preoccupa più della sopravvivenza della specie, che non di quella dell’individuo. Anche ciò è relativo, se si pensa che un grosso asteroide caduto sulla Terra, ha distrutto (forse) la specie dei dinosauri; e non si può escludere che altrettanto possa un giorno avvenire per la specie umana. La natura è drastica e brutale nelle sue azioni.

E’ capzioso affermare semplicemente che l’uomo deve difendere e salvaguardare la Natura. Sembra, ma non lo è, un pensiero nobile. Più onesto è dichiarare che l’umanità ha, o avrebbe, tutto interesse a vantaggio della propria sopravvivenza, impedire o limitare azioni di intervento sulle leggi naturali, che possono o potrebbero limitare la persistenza della vita animale sulla terra.

Da "Le sfortune della virtù" del "Divin Marchese" Donatien De Sade, traggo uno stralcio dall’episodio "Almani":

"Ascoltatemi - esordì Almani, questo era il nome dell’alchimista - cercherò di rispondere alle vostre domande. Il motivo che mi spinge a fare il male è nato dai profondi studi che ho condotto sulla natura. Quanto più ho cercato di svelare i suoi segreti, tanto più mi sono trovato di fronte ad una natura interessata unicamente a rovinare gli uomini. Seguitela in tutte le sue opere: la troverete sempre lì, vorace, assetata di distruzione, e malvagia, sempre inconseguente, contrastante e devastatrice. Date un’occhiata all’immensità dei mali che la sua mano infernale semina su di noi. A che cosa è servito crearci se poi ci rende tanto infelici? Perché questo nostro corpo intristito, e tutto ciò che essa produce, esce dal suo laboratorio così pieno d’imperfezioni? Non si ha ragione dicendo che la sua arte assassina ha prodotto solo vittime; che il male sia il suo unico elemento, creato apposta per coprire la terra di sangue, di dolore e di lacrime che impegni tutta la sua energia solo per scatenare orribili flagelli? Uno dei vostri filosofi si è definito amante della natura, ebbene, io, amico mio mi definisco il suo boia. Studiatela, seguitela, questa atroce natura. Non la vedrete far altro che creare per distruggere nell’attimo seguente alla creazione, che arrivare ai suoi fini attraverso assassini, e ingrassarsi come il Minotauro, di disgrazie e di umane tragedie. Si può forse avere stima e amore per una simile forza, che dirige continuamente contro di noi i suoi tremendi effetti? La vedete mai dispensare un dono senza farlo seguire da un dolore disperato?".

La Chiesa cristiana condanna l’orgoglio e predica l’umiltà. La Natura non concede ai suoi figli nemmeno la dignità. Ammonivano i Padri della Chiesa: "Inter faeces et urinam nascimur", ma trascuravano di osservare, che pure tra feci ed urina viviamo, e terminiamo la nostra vita. Mi assicurava casualmente un medico di un pronto soccorso: "Lei non ha idea di quanta gente muore sulla tazza del bagno.".

Si dovrebbe dedurne che pure i devoti dovrebbero prudentemente distinguere Dio dalla Natura.

Per concludere, penso che pochi intimamente si scostino da una enunciazione di Giorgio Levi della Vida (Venezia 1886 - Roma 1967); Studioso di religioni;: "Ci sono tre domande a cui l’uomo non ha risposto e non risponderà mai: "Da dove veniamo, dove andiamo, e cosa stiamo a fare qui.".

 

giomarkin@virgilio.it

 

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