Salvatore Armando Santoro 

Note biografiche - Recensioni - I suoi racconti - Poesie 1-2-3

MEMORIA Povera Butterfly SOLO PAROLE L'AMORE ANDATO MALINCONIA LUPO PRIMO OTTOBRE
In quel momento a Lerici  A SILVIA ABBRACCIA I RICORDI ALLA FONTE DELL'USIGNOLO A N N A ANNIVERSARIO ASPETTANDO LA SERA
BIANCO E NERO I FIUMI DELLA LUCANIA IL CANARINO CATUZZA  CENERI FREDDE CHI ASCIUGHERA' LE MIE LACRIME  RIMPIANTO

 

MEMORIA


Non sprecare
gli attimi immobili
che più generazioni
hanno mutato.
Essa è lì,
sasso nella roccia,
e, come tale,
eterna.
Io morirò,
ma fino all'ultimo minuto
l'immagine di una spiaggia
inseguirà
i miei sogni lontani
e gli spruzzi salmastri
investiranno ancora
il mio petto ansimante.
Poi, il tramonto
allagherà gli spazi
che dall'Etna
vanno ai Peloritani,
ed il silenzio
si confonderà
con gli sciacqui dell'onda
che lieve sfiora 
la spiaggia pietrosa
dei miei lidi lontani.
Santoro Salvatore Armando
(Aosta 3.1.1993 - h. 18,52)

Pubblicata sul volume "Quand'ero Piccolo",
 Ed. Keltia Editrice - Aosta 1993

 

 

Povera Butterfly

Un amore struggente,
vero, irripetibile.
forse anch'io lo sognai,
amato e ingrato,
che ho disperso per il mondo
lucciole di affetto
che svanivano all'alba
appena il primo sole
filtrava dalla finestra
della mia amante infedele.

Dammelo il tuo amore,
ripeti a me le parole
che hai disperso al vento,
insieme ai fiori di ciliegio
che coprivano il viale del tuo giardino.

Disponi per me i tuoi fiori,
mia piccola Butterfly,
regalami i colori del tuo amore
confuso all'odor delle rose.

Io avrei potuto amarti,
avrei potuto donarti 
tutto il calore del mio cuore
e ricambiare il tuo affetto,
unico e stupendo,
che tu hai spento
al calar della sera
con un pugnale insanguinato.

(Lillianes 01/05/2003 12.07)





SOLO PAROLE

A chi servono le mie parole?
Quali dolori possono lenire?

Scrivere,
scrivere sempre
parole che mi fanno finanche soffrire,
che rimbalzano sulle pareti della stanza
e poi finiscono sullo schermo,
allineate,
silenziose,
allucinanti,
sordide,
crudeli,
terribili,
frivole;
che mi fanno tanto pensare,
meditare
e intristire;
che mi spaccano il petto
e m'afferrano il cuore
e lo strizzano
come uno straccio bagnato.

Ma queste parole
mi fanno vivere,
mi danno l'illusione
ch'io possa cambiare il mondo
e farlo diventare migliore.


(Lillianes 28/04/2003 1.23)

 

 

 

L'AMORE ANDATO

Aprimi e tue braccia
e dammi tutto l'amore
che ho perso in questi anni.
Ferma quel maledetto fiume
che trasporta al mare
tutti i pensieri e le dolcezze
che ho trascurato di darti.
Perdona la mia sciocca ignoranza,
la presunzione 
che il mio amore
possa farti gioire
anche se rimane inespresso nel cuore.
Vieni,
voglio ancora una volta
sentire il tuo corpo
vibrare come quando
le albe erano più desiderate
ed i tramonti odiati.


(Lillianes 13/02/2003 0.24)

 

 

 

 

 

 

 

 

MALINCONIA

Alba noiosa e triste;
malinconia sospinta dalla brezza,
come una barca
che lenta all'onda s'abbandona
ed esule
se ne va lontana.


(Campo Tizzoro 10.7.2000 h. 15,27)

LUPO

Il giorno che anch'io sarò morto
e l'anima andrà in giro vagando,
ritornerà tra i sassi dell'orto,

di fronte all'antica chiesetta
e tra i rovi, ai muri abbracciati,
troverà Lupo disteso ch'aspetta.

Salterà dalla fossa abbaiando,
scuotendo la terra di bocca,
dolcemente le mani azzannando.

Povero Lupo, di gioia è distrutto,
più non ricorda il fucil che l'uccise,
scodinzola sempre, dimentica tutto.

Fedele mi ha atteso tanti anni,
come quando tornavo da scuola,
d'un colpo ha rimosso gli affanni.

Nuovamente tra i rovi annusare,
rotolar con la schiena sull'erba
e le buche nel prato scavare;

sgambettare in mezzo alle foglie,
abbaiando scherzoso ai passanti,
ai vecchietti al sol sulle soglie;

sbatacchiare con forza il guinzaglio
ringhiando perch'io molli la presa,
che io lascio, quasi per sbaglio,

ché lui possa contento scappare;
ritornare con scatti improvvisi,
far le finte per farsi acchiappare.

Allungarsi, poi, sfinito sull'erba
con la lingua ansante tra i denti,
gli occhi dolci e la testa superba,

vigilando ch'io non abbia a sparire
come un tempo, e dover ritornare
sotto un mucchio di sassi a za più paure
e farti dimenticare
tutte le tue sofferenze.


(Lillianes 01/03/2003 15.08)





 

ABBRACCIA I RICORDI

Un amico mi ha detto, 
di lasciar perdere,
di non inseguire i ricordi lontani:
"essi ti portano tanta tristezza",
mi ha sussurrato.
Ho provato per un giorno
a seguire il suo consiglio
ed a cancellare
tutto ciò che di bello
avevo rinchiuso nel cuore
e guardare non il mio prato fiorito
ma il condominio 
che aveva preso il suo posto.
Neppure il muretto sconnesso
vi era rimasto
perché un strada asfaltata
era sorta al suo posto.
Provai una grande tristezza
a veder cancellati i miei sogni
e odiai immensamente
il mio amico
che mi aveva distrutto
i ricordi.


(Lillianes 25/02/2003 23.00)




ALLA FONTE DELL'USIGNOLO

Cercai più volte 
folletti gioiosi 
tra le fronde 
che incorniciano la tua fonte 
d'acqua fresca e gentile.
Ascoltai, invano, i loro sussurri 
confondersi con lo stormir delle foglie 
e con i voli incrociati 
degli usignoli e delle ghiandaie.
L'orecchio tesi, più volte, 
cercando di cogliere 
le voci nel profondo del bosco 
tra il confuso borbottio dell'acqua 
che a volte gorgoglia 
come il secco tossir
d'un viandante affaticato.
Confusi il chiocchiolar della fonte 
come fosse riso argentino 
di ninfe gioiose e danzanti
tra le gore del Torrente Occhiali.
Inseguii, inutilmente, 
ricordi spenti tra libri di favole 
e leggende del focolare domestico 
per rinverdire un tempo
soffocato da una realtà che m'opprime
e non regala più la felicità 
del risveglio della bella addormentata
al bacio del suo principe azzurro.


(Lillianes 23.1.2001 10,40)

A N N A

Cosa fai,
dove sei,
cosa pensi ?
Me lo chiedo
ogni tanto,
quando i ricordi
mi riportano
incontri furtivi,
lontani da sguardi indiscreti,
lungo le baracche del lido.
Cosa fai,
dove sei ?
Ormai é tardi.
Forse, marmocchi
con l'argentovivo
occupano le tue giornate,
e le tue dita
più non scorrono
sul piano armonioso.
Cosa pensi ?
mi chiedo ogni tanto
quando la mente
ti ricorda giuliva
ad un appuntamento
che rimane
un sogno
ormai lontano
e, forse, dimenticato.

(Aosta 29.6.86)

 

 

 

ANNIVERSARIO

Tu pensavi mamma, lo pensavi,
che t'avrei scordata dopo morta
e sul quel treno forse ancor sognavi
di rivedermi un giorno alla tua porta.

E ti rividi, mamma, su quel letto
vestita con un abito di nero,
che ti fu messo quasi per dispetto,
chè quel colore odiavi nel pensiero.

Non piangevo, ma l'anima era nera.
Il pianto arrivò quando pensai
che avresti dormito al buio quella sera,
che il sole non avresti visto mai.

Tu credevi alla luce del Signore,
ci parlavi delle gioie del Paradiso,

mi consolava, in quelle prime ore,
che avresti visto il Creatore in viso.

E corsi via, lontan dal Camposanto:
volevo pensarti ancora in vita, 
ma mi colse quel mio primo pianto
la convinzione che ormai eri finita.

Mamma, tu m'hai donato la tua Fede
ma son cresciuto troppo razionale,
beato il semplice, colui che crede,
che vive le sue giornate nel banale.

Fortunato è costui: ha la speranza
di rivedere un giorno i propri morti.
Io invece chiuso in questa stanza


penso a tutti gli affetti ormai finiti
in una tomba eternamente spoglia, 
ornata da quattro gladioli sfioriti.


(Campo Tizzoro 27/09/99 11.31)


 


ASPETTANDO LA SERA

Solitario
inseguo l'illusione
come se l'alba
dovesse durare un'eternità.
Lo so che il tramonto
segue il suo ciclo:
mattina, mezzogiorno e sera
e così all'infinito.
Tutti si aggrappano alla vita
come se la morte 
non esistesse.
Ognuno legge le epigrafi
come se il proprio nome
non dovesse mai apparire 
sui muri.
Come e quando?
Questo è il problema!
Il come afflige e addolora.
Tutti vorremmo scegliere
una morte serena,
magari aspettando il sole sorgere
o ammirando un tramonto infuocato.
E turbati da così tristi pensieri
ci si precipita sui prati
per accarezzare dolcemente l'erba
e si rimane estasiati a fissare
il volo degli uccelli
o di variopinte farfalle,
oppure si tende l'orecchio
per memorizzare il gorgoglio sommesso
dei ruscelli tra i sassi.
Poi si aspetta sereni la sera!
Ancora per oggi abbiamo colto
il nostro attimo fuggente:
ancora una volta
abbiamo brindato alla vita.


(Lillianes 05/02/2003 13.36) 

BIANCO E NERO
(A Rosetta)

Chi sarà, mi chiedo,
mentre l'immagine scorre,
scandita sullo schermo 
in bianco e nero
da una vecchia pellicola
per caso ritrovata 
che lentamente sta prendendo forma?

Mi sei apparsa così,
dopo tanti anni
che cancellata t'avevo dai ricordi,
con quel sorriso tenero e sereno,
lo sguardo altero 
e il corpo provocante
modellato da un bel costume bianco.

Diciott'anni,
avevi diciott'anni,
quel dì che sopra un treno traballante
lasciai la mia città ed ogni affetto.

Ma la tua immagine serena
d'un colpo proiettata su uno schermo,
coi piedi accarezzati dalle onde,
baciata dal mio mare mai scordato,
m'ha regalato un attimo di gioia,
m'ha fatto respirare l'aria pura
del tempo che non ho nel cuore
ripiegato.

Così, 
(che forte sensazione)
mi sono ritrovato giovinetto
mentre scattavo quella foto un giorno
caldo d'agosto
che più non ricordavo.

E tu sorridi, sorridi allegramente
da quella foto che mi sta davanti
e rinnovi al cuore mio e alla mente
felicità e passioni ormai distanti.


(Lillianes 26/01/2003 11.05)

 


 

 

I FIUMI DELLA LUCANIA

Vorrei per una volta ritornare
con gli occhi curiosi d'un bambino
appiccicato fisso al finestrino
i fiumi della Lucania riguardare.

Vorrei, dal treno sbuffeggiante,
osservare i pescatori tra i canneti 
lungo i fiumi attorniati da pescheti
riprovar quella gioia un solo istante.

Le scritte sopra i ponti ritrovare:
Crati, Sinni, Angri, Basento, Cavone,
e, poi, il Bradano e col magone
i miei sogni interrotti rievocare

di poter abitare lungo un fiume,
e di pescare dall'alto d'un balcone
o scivolar sull'acqua col barcone
al chiaror d'un tremolante lume.

Pensieri che scorrono, più atroci,
come l'acqua che fila verso il mare,
come gli alberi che sembrano girare
per la campagna sempre più veloci.

E mentre vago col pensier lontano
guardo dalla finestra un ruscelletto
che scorre lentamente dirimpetto
e un bimbo che mi saluta con la mano.


(Campo Tizzoro 20.9.1998 - h.14,40)

IL CANARINO


Il canarino nella sua voliera 
al mattino mi sveglia col suo canto
e come recitando una preghiera
al ciel rivolge un accorato pianto.
Ma tu sei nato in gabbia piccolino
e vivere non sai di libertà
sei nato per cantare ogni mattino
le tue dolcissime note di pietà.
Io ti ho lasciato andare, ed hai volato
alto nel cielo, giù per un vallone,
ma dopo un poco tu sei ritornato
triste e smarrito nella tua prigione.

(Aosta 16.5.71 - h. 5,30)

CATUZZA (Caterina)


Quando i pensieri mi opprimono la mente
mi ricordo di te, appena come in un sogno,
Catuzza!
Cosa mai sei per me?
Un attimo giulivo di una frazione di tempo 
che si è estinto;
un lampo velocissimo che si è spento
sopra un mare in tempesta;
un correre spensierato a piedi scalzi,
sopra un prato fiorito!
Eppure tu esisti, in me;
tu, sporca ed ingenua,
coi tuoi capelli arruffati,
le tue gote rosate, Catuzza!
Quanto tempo è fuggito dietro di noi?
Quanti arcobaleni iridati sono svaniti sopra di noi?
Dietro di noi, sopra di noi,
che non sappiamo più nulla di noi!
Eppure tu sei qui, ora,
in uno spazio irripetibile d'un tempo sconosciuto,
prigioniero lontano.
Siamo qui, tu ed io!
E mentre i ricordi scorrono veloci,
immagini sbiadite si rincorrono
nel turbine dei pensieri
che m'opprimono il cuore,
intercalando affanni e gioia insieme.


(Aosta 19.12.1977)

(A Caterina De Pino, compagna di giochi nella mia prima infanzia a Polistena) 

 

 

 


CENERI FREDDE

Pigro,
osservo le nubi che si rincorrono
nel cielo.
Come un bimbo scherzoso
disegno con la mano
visi di giganti minacciosi,
maschere di streghe e di maghi,
goffi elefanti che si sciolgono
e si ricompongono
come disegni di un carosello TV.

Sempre uguale,
sempre eterno fanciullo.
E dentro il mio petto
s'agitano i fantasmi
di rivoluzioni incompiute,
di libertà negate,
di uguaglianze infrante
sulle soglie degli egoismi
che riaffiorano dalle ceneri
di un fuoco antico,
ormai spento.

Invano urlo la mia rabbia al vento:
le mie parole rimbalzano 
sulle porte chiuse
di solidarietà ormai dimenticate,
cancellate dal tempo,
e l'unica finestra aperta
emana solo una debole luce
insufficiente a rischiarare la stanza buia
delle nostre coscienze addormentate.


(Lillianes 23.12.1999 - h. 20,25)


 

 

 

CHI ASCIUGHERA' LE MIE LACRIME

Chi asciugherà le lacrime
di questa nottata 
di dolci ricordi?
A chi racconterò nuove storie
e fiabe fantastiche
quando gli anni mi peseranno
e mi opprimeranno i pensieri?
Rivedere un bimbo sorridente
aspettarmi giulivo
sui gradini di una scala
ormai quasi dimenticata!
Sentirmi amato,
atteso,
e riascoltare una piccola voce
chiamarmi
e sussurrarmi "babbo"!
Gioie ormai finite
nell'impietosa giostra del mondo 
che tutto travolge e macina
compresi i sentimenti
e l'amore.


(Boccheggiano 03/12/2002 0.45)


RIMPIANTO
(A mia madre)


Cosa mai dirò al mio cuore,
ora che l'ultima goccia del mio amore
s'è sparsa
come un'ultima acqua
caduta da un orcio spezzato?
Rimane solo l'eco lontano
di parole dette a mezz'aria
che ricordo appena, confuse,
frammiste al rumore ed al fischio
d'un treno che andava.
E quella stazione, ora vuota,
senza più fazzoletti ondeggianti
e lacrime sparse, e sincere,
m'appare come un mondo perduto.
Sembra un vecchio rifugio
lasciato,
tante volte pensato,
con nel petto una certa speranza
di tornare forse per sempre
e vivere gli ultimi giorni
sdraiato come un tempo
su una spiaggia pietrosa
al sole d'agosto,
per accecare i pensieri, 
e scaldare un poco
il mio animo in pena.


(Lillianes 20/02/2002 3,13)

 

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