Nicola Imbraguglio 1-2-3-4-5 -6   

I suoi racconti  

 

Monologo UN DUBBIO "Come sinfonia" NOTTE D’INCANTO  Lune piene Segnato è il cammino  Beethoven Sinfonia n.6 BANDIERA ROSSA  
Il tempo che copre Senza titolo La tregua  Dolce mi è stato Come pittore  Si accese la Stella

I colori ruberò 

MIO CARO AMICO
DENTRO CANALI DI LUNA   TEMPORALE DI GIUGNO AD UN AMICO L’ORMA DEL TEMPO   UNA FIAMMELLA   BONACCIA    NON ERA UN UOMO   QUEL SOLITO MALORE 

 

Monologo

Assordanti sono stati
certi silenzi e
di altre ombre
sarò presto chiamato
ad occuparmi.
L’amore.
Mai può essere egoismo;
ed io egoista mi sento,
ansioso,incapace di
allentare la dolce corda
che ci lega, voglioso
solo di essere amato
quasi io fossi tutto
il mondo.
Questo non è un addio;
forse potrebbe essere
una confessione che ti
amo.
Ma volato via è per me
il tempo di certi sogni ed
assurdo è pretendere
di averti per sempre
accanto.

UN  DUBBIO

 

Ora avrò un altro pesante

fardello da portare

Come stella che all'improvviso

appare e subito s'eclissa,

così sei entrata ed uscita

nella mia vita.

 

Lungo poteva essere il cammino

di due solitudini in attesa,la

realtà tutto presto però ha riportato

nella norma.

 

Senso più non ha scrivere di stelle

che il giorno sottrae alla notte.

Rimane lo stupore di un momento;

un abisso si è aperto dentro questo

silenzio.

 

 Un dubbio però mi prende

e mi spaventa: e se tu ti fossi

allontanata da me solo perché

mi vuoi bene?

 

 

 

 "Come sinfonia"

 

Mi hai detto ciò che volevo

sentirti dire.

 

Dolci più che tenera carezza

mi sono giunte le tue parole;

e in me è esplosa tutta la gioia

del mondo, più dei tanti colori

di mille primavere.

 

 

 

Beethoven Sinfonia n.6

 

Ti stupirai: sono stella
che mai tramonta
e che sempre a te guarda
perché d’incanto fui presa
nel momento che tu mi
scopristi.
Ti attenderò fedele, con
la mia luce pronta per
te a brillare al calar
della sera.
Luccicherò e ti circonderò
di sogni e amore nella
magia delle notti serene
o di tempesta.
Sempre ti aspetterò fino
a che il tempo non mi
trasformerà, ma anche
allora a te fedele resterò
sperando che di me
ancora tu ti accorga.

 

Il tempo che copre (e tutto avanza)

Svanirò
come nebbia al sole;
me ne andrò,
come farfalla che incerta
si libra nell’aria;
continueranno immobili
ad essere gli ulivi,fino
a quando non saranno
scossi dai venti e dalle
piogge di maestro.
Forse, di gelsomino
non profumeranno più
le sere d’estate, in agosto,
perché i rovi avranno
coperto persino i ricordi,
quando uno andava incontro
alla notte per perdersi
nel cielo coperto di
tremule fiammelle.

Senza titolo (con dedica per lei)

 

Afa che prende,
che rende le colline
tremule d’arsura,
gli alberi immobili
nella vana attesa di
alito di vento;
che rende interminabile
il tramonto.
Il sole pare essersi
impossessato del tempo
e il mare fattosi deserto
di sale.
Una spilla d’oro ha
firmato l’orizzonte;
era striscia di sole che
precedeva il tramonto.
Vorrei scivolare con te
nelle acque del mare
questa sera e poi
abbandonarmi la notte
nell’arena,come quando,
nei miei anni giovanili,
il silenzio era attesa
di brezza.

La tregua

 

Sono tornati ricordi di giorni
sereni, quando a Gibilmanna,
a Pian delle fate,ci lasciavamo
andare, rotolando tra soffici
erbe e spicchi di sole filtranti
tra querce secolari, compagne
di giochi innocenti.
Il male che da anni a me si
tiene ben stretto pare essersi
di me dimenticato.
Respiro e, come allora,
quando il cielo guardavo
dall’erba,sento arrivare
speranza come onde che
nelle maree la spiaggia
raggiungono.
Dentro mi ascolto e mi chiedo
se è sogno.
La tregua regge, e voglia
mi prende di affidarmi
alle tue carezze, come quando
al Pian delle fate, esausti,
chiudendo gli occhi, ci
scordavamo del mondo.

 

 


Dolce mi è stato

Cosa potrò io darti,
al di fuori di questo
sentimento che per te sento;
parlarti di notti stellate e
dei miei sogni svaniti.

Ti ho detto delle mie paure,
della mia malinconia che è
stata compagna di buona
parte della mia vita,
di questo cuore stanco
al quale sono rimasti
affidati i miei giorni.

Forse, in fondo, stavo solo
dicendo le stesse cose che
tu mi hai detto e ti parlavo
di albe e di tramonti, di
questo mio paese così
raccolto e pur aperto ai venti
di mare.

Dolce mi è stato mettere
da parte ogni pur fredda
ragione, e a null’altro
voglio ora pensare.

 

 

Come pittore

Vorrei saper fissare
questi colori;
vorrei saper dipingere
la bellezza di questa
terra e mettere in risalto
lo scempio che l’uomo
ne ha fatto.
Uomo potente, vorrei
essere pittore e cancellare
d’un tratto questa bestemmia
che ha reso deserto questi
colori.
Vorrei essere bravo,
come Dio,
non per sotterrare
questi vermi, quanto
per ricreare le mie
albe,i miei tramonti.
ritrovare questa terra,
la mia acqua,i suoi
profumi,la mia gente.
Mai io non sono pittore
e scorre il tempo
tra rabbia e nostalgia
e intanto si muore.

Si accese la Stella

Erano come giornate di afa,
quando anche il mare pare
boccheggiare e invoca brezza.
Boccheggiavo, in un mare
di solitudine in cui il caso mi
aveva trascinato.
E i giorni,i mesi, gli anni,
passavano e solo ricordi
mi erano compagni, sbiaditi
dal volgersi del tempo.
Neppure le notti risposte
mi davano, e la paura
s’era fatta mia compagna.
Si accese un giorno la stella
del mattino e l’aurora di rosa
per me il cielo dipinse.
Ci incontrammo, e la nebbia
andò via dalla mia vita.

I colori ruberò

Ruberò i colori di questa
mia terra con la prima brezza.
Aspetterò il sole che sorge
dietro la collina e poi,
dall’alto della Rocca,
si riversa sui tetti delle
case.

Tra poco, color cielo
si farà il mare ,e là, dove
il promontorio interrompe
l’orizzonte, smeraldo ne
sarà l’acqua.

Di chiarore di luna ancora
parlano gli scogli affioranti,
dalle strane forme.
Con te condividerò questo
giorno che, solenne, mi porta
respiro di vita.

 

 

DENTRO  CANALI  DI  LUNA

 

Ci rincorreremo dentro canali

che la luna dipinge

e da lei ci nasconderemo

al riparo di ulivi saraceni.

 

Dai tuoi occhi  mi giungeranno

lampi di luna e forte sentirò

battere il tuo cuore.

 

Nessuna voglia avrò di

resisterti e naturale sarà

annullarci l'uno nell'altro.

 

Una stella brillerà per noi

tutta la notte per spegnersi

al primo chiarore dell'alba

 

TEMPORALE  DI  GIUGNO

 

Scuro s'è fatto il cielo

all'improvviso,piatto

il mare grigio.

Un brontolio di tuoni

ha annunciato pioggia

che puntuale è arrivata

tra nebbia dalle colline

sovrastanti.

Temporale di Giugno

che su tutto è rovinato

per ore ridandomi

profumo di terra arsa

di acqua.

E'  tornata la mia spiaggia

a farsi silente e le nuvole

si sono fatte nebbia

chiudendo ogni orizzonte.

Per ore è venuta giù l'acqua

e fulmini hanno strisciato

più volte tra cielo e terra,

a intimorirci con  tuoni

resi più fragorosi dall'eco

della Rocca  che il paese

sovrasta.

Un timido raggio di sole

è comparso ed è venuta

di nuovo altra pioggia,

insistente,con forza.

Il mio paese era tornato

nel suo silenzio.

 

 

 

 

AD UN AMICO

Te ne sei andato in un giorno
di cui ormai poco ricordo.
"Niente di nuovo"  mi dicesti
per telefono quella mattina,
di me preoccupato, e tu
stavi morendo.
Di in un tuo libro mi parlasti;
poi, seppi da Pasquale che
avevi finito di scriverlo in
ospedale.
Sei morto pensando a questa
terra che ci aveva visto amici,
fratelli, in giorni e notti piene
di speranza.
Di me chiedesti quella mattina,
e con te parlai di un mio libro.
Non mi accorsi del tuo stato,
perchè, anche se flebile era la
tua voce, il tuo modo di dire
era quello di sempre: lucido,
essenziale, tanto, a volte, da
farci male , appena velato da
quella malinconia che ogni tanto
ci coglie.
Da questa terra partisti un giorno,
come tanti: ci spiegasti che era
 lontano che si decideva il nostro
futuro.
Il cuore lasciasti a uomini, pietre,
memoria.
Sei morto come era nel tuo stile:
ragionando.
Questa volta eri tu l'attore, e fino
alla fine ne hai avuto coscienza.

 

 

L’ORMA DEL TEMPO

Affonda il passo nell’arena
tra pietre e conchiglie levigate
dal tempo, trasportate da onde
di mare;
si librano nel cielo le due
torri della Cattedrale del Re
normanno, il mucchio di case
si raccoglie al riparo della Rocca.
Ritorna fatica di altri tempi
quando al tramonto era vociare
di pescatori, lunghi remi
prendevano l’acqua guidati
come maestro che conduce
orchestra e andavano barche
verso orizzonti.
Coperta è questa arena da
centinaia di ombrelli, da rumori
di uomini che si accalcano, si
affaticano, si bagnano tra
risacca di mare.
Attendono auto che il sole
rende roventi ed è spolverio
di piedi da sabbia che pare
volere non mollare preda.
Affonda il mio passo nell’arena
tra nostalgia e paura.

UNA FIAMMELLA

Era nell’aria. Sarebbero arrivati
nuvole e temporali.
Si capiva che ci stavano
prendendo;oscurato avrebbero
la mente e la memoria, miraggi
farci inseguire,e intanto, su
tutto il buio scendeva.
Fu così che l’uomo si ribellò
contro sé stesso e dolce trovò
il giogo di sua schiavitù.
All’indice i poeti furono messi,
i giusti contestati proprio da
coloro per cui giustizia essi
chiedevano.
Vinsero, e tornarono sulla terra
a rintronare dei loro cavalli gli
zoccoli, ma nessuno più sentiva
niente.
Per non morire, amore mio,
lontana ti portai
e così liberi ancora
pensiamo.
Come fulmini che il cielo nella
tempesta squarciano, senza che
l’uomo possa farci nulla, così
impotenti assistiamo alla morte
di tanti nostri fratelli e desiderio
di pianto ci coglie.
Una fiammella noi stiamo
proteggendo, ha un nome vecchio:
amore.

BONACCIA

Sono bastate poche tue parole
e questa mia sofferenza pare
essersi fermata, come vento
che cede il passo a bonaccia.
Come marinaio, sono pronto
a risentire rumore d’onde,a
pregare perché non infuri
nuova tempesta.
Come marinaio, non penso
al pericolo che corro perché
non ne avrei il tempo.
Colgo il momento di questa
quiete per riprendere fiato e
ogni malinconia mi sforzo
di tenere lontana.
Ma è solo bonaccia ed io
mi rendo conto che il vento
tornerà presto a soffiare,
e come marinaio lontano
da terra, questa volta so che
a nulla potrò aggrapparmi;
dipenderà ancora una volta
solo dal caso la mia vita.
Poi, se mi rimarrà tempo per
capire che è arrivato il momento
di ripiegare la vela, di lasciarmi
andare, solo un attimo ruberò
a colei che mi insegue da tanto
tempo,e, col pensiero,grato
ringrazierò tutti coloro che
mi hanno voluto bene.

 

 

NON ERA UN UOMO

Ho pietà per l’uomo
che quel giorno di me
si fece beffa, mi offese,
mi ferì nei sentimenti.
Il suo fare dell’equivoco
arte, di risentimento il cuore
mi riempì, in un momento
di debolezza mi colse.
Mi fa pena ora quell’uomo.
La sua superbia, la sua finta
scienza, l’ipocrisia delle
parole celavano forse debolezza
che era figlia della sua
solitudine che da sempre
gli è stata compagna.
Vorrei anche chiedergli scusa
per avere reagito alla sua
provocazione, per avere risposto
ai suoi colpi con pari durezza.
Poi,improvviso mi sovviene
il frutto di tanta arroganza;penso
ai dolori che negli uomini essa
ha dato luogo, non di rado
morte, sia pure in ben altro
contesto, e penso che è giusto
che io resista, che la mia sarebbe
solo debolezza e mi dico che
è giusto lasciarlo vagare per
le sue ombre, augurare che
il vento disperda le sue
orme.
Non era un uomo, ne aveva
solo le sembianze.

BANDIERA ROSSA

Come il sangue versato da tanti
nostri compagni fu il colore
della nostra bandiera.
Dietro di essa c’erano secoli
di schiavitù e sopraffazioni.
Liberi ed eguali un giorno
tornammo a volere essere e
caddero sotto i nostri colpi
coloro per i quali uomini mai
noi eravamo stati.
Sventolarono le nostre bandiere
rosse e milioni nel mondo ne
fiorirono come papaveri che
di rosso le nostre pianure
dipingono.
I nobili a morte colpimmo
e preti che dileggio e mercato
avevano fatto della parola del Cristo.
Al mondo lanciammo il nostro
grido ed eco ci fecero tanti fuochi
che si accesero per dignità ridare
a chi speranza più non aveva di
essere uomo.
Ci sbagliammo. I soliti tornarono
a calpestare la terra con i loro cavalli.
In nome della rivoluzione anche noi
libertà finimmo con l’accantonare.
E vennero i nazi –fascisti con i loro
spettri e di sangue tornò a colorarsi
la terra. Stalingrado: fu quella la nostra
ultima battaglia.
Dopo, fu il terrore di mondi contrapposti
a giustificare a torto il nostro silenzio,
ma poi mura abbattemmo illudendoci
che libertà e dignità mai più ci sarebbero
stati tolti.
Così non fu. Sono tornati a S. Pietroburgo
i padroni di sempre.
Nel mondo si brinda alla globalizzazione,
al capitalismo signore del Mondo.
Verranno però nuovi giorni di liberazione.
Vana non può essere stata la nostra lotta.

 

 

MIO CARO AMICO

Mio caro amico non avevo in animo
di abbandonarti sul tuo calvario
di uomo “dal pesante fardello”.
Ci hanno diviso le cose, e, prima di esse,
le idee:
ancora quelle idee per cui io vivo.
Tu, ora, ti sentirai solo.
A me rimane il dubbio dell’ambizione,
della vanità,di non essere degno
di queste cose, di essere troppo debole
per essere coerente con il mio passato,
il mio presente, di non sapere essere
così forte per aprire davvero queste
mura alla nostra gente, per renderla
partecipe della sua vita quotidiana.
Mio caro amico, dovevo scegliere:
il silenzio o la lotta.
Chi siamo noi per sopravvivere a queste
tempeste che scuotono il mondo, come
quest’angolo di terra?
Capiscimi, non possiamo addormentare
il nostro Popolo.
Forse tu già sapevi queste cose.
Ed io potrei allora ora sbagliarmi,
tradire la mia causa,la mia stessa fede.
Ma vale la pena di correre il rischio.
Opprime questa cappa che tutto livellando
ci rende sordi l’un l’altro.
Non possiamo vivere da mummie,
strisciando come bisce,
in un attesa che tutto consuma,
giorno per giorno.
Ascolta questo vento e comprendimi.
Ti chiedo di aiutarmi a far
muovere le montagne.

(dedicata agli amici di” Poesia Creativa”, tratta dalla mia raccolta “ Tra queste case”ed. 1977)

QUEL SOLITO MALORE

 Mi sono sentito mancare di nuovo
e però, sia pure con fatica,
mi sono rialzato.
E' stato il solito attimo di
smarrimento; tu ne sei venuta
a conoscenza, e ti sentii
lontana , come portata via
da quella corrente che tante volte
deserto ha reso la mia vita.
Poi ho riascoltato la tua voce,
smarrita, per me preoccupata, e
avrei voluto asciugare le tue
lacrime, dirti: è niente,esisto
ancora,continua a non lasciarmi
solo in questo nostro errare.
Ti ho inviato una carezza.

 

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Ci hanno diviso le cose, e, prima di esse,
le idee:
ancora quelle idee per cui io vivo.
Tu, ora, ti sentirai solo.
A me rimane il dubbio dell’ambizione,
della vanità,di non essere degno
di queste cose, di essere troppo debole
per essere coerente con il mio passato,
il mio presente, di non sapere essere
così forte per aprire davvero queste
mura alla nostra gente, per renderla
partecipe della sua vita quotidiana.
Mio caro amico, dovevo scegliere:
il silenzio o la lotta.
Chi siamo noi per sopravvivere a queste
tempeste che scuotono il mondo, come
quest’angolo di terra?
Capiscimi, non possiamo addormentare
il nostro Popolo.
Forse tu già sapevi queste cose.
Ed io potrei allora ora sbagliarmi,
tradire la mia causa,la mia stessa fede.
Ma vale la pena di correre il rischio.
Opprime questa cappa che tutto livellando
ci rende sordi l’un l’altro.
Non possiamo vivere da mummie,
strisciando come bisce,
in un attesa che tutto consuma,
giorno per giorno.
Ascolta questo vento e comprendimi.
Ti chiedo di aiutarmi a far
muovere le montagne.

(dedicata agli amici di” Poesia Creativa”, tratta dalla mia raccolta “ Tra queste case”ed. 1977)

QUEL SOLITO MALORE

 Mi sono sentito mancare di nuovo
e però, sia pure con fatica,
mi sono rialzato.
E' stato il solito attimo di
smarrimento; tu ne sei venuta
a conoscenza, e ti sentii
lontana , come portata via
da quella corrente che tante volte
deserto ha reso la mia vita.
Poi ho riascoltato la tua voce,
smarrita, per me preoccupata, e
avrei voluto asciugare le tue
lacrime, dirti: è niente,esisto
ancora,continua a non lasciarmi
solo in questo nostro errare.
Ti ho inviato una carezza.

 

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