Callimaco.Roberto1-2-3-4

sapiens@interfree.it
 

RITRATTO MARE NOSTRO TEREDINE IL TEMPO L’INFINITO RIPOSA PIOGGIA SENTIERO DI PERIFERIA PASSAGGIO di STAGIONE OCEANO IL CAMPO delle MEMORIE
MENTRE la NEVE vi CADE TRACCE sul MURO RITORNO A CASA CUPA è la NOTTE All’IMBRUNIRE NAUFRAGHI PENTIMENTO ILLUSIONE LUNA ALTA ORE INFAUSTE
FRAMMENTO d’IMMAGINE OMBRELLONI VOLO nel SOLSTIZIO QUASI una FANTASIA IL GORGO La FALENA e la LUCCIOLA BOCCA di MARE (notte sulla spiaggia) ANTIPODE PROSSIMO DONNE di GROZNY MUSA
DUE VECCHI La VALLE ABBANDONATA SUDAN FERITO CARIATIDI Il VOLO ATTERO MACERIE Nell`OCCULTO del VICOLO La BELLA ESTATE MOSAICO d'EVANESCENZE II DOLCI DOLORI DI SAFFO

 

 

 

La BELLA ESTATE

L’estate procace giunge a noi
vaporiera che migra dalle pampas
viene trebbiando baccelli nodosi
alla mietitura d’anime stanche

Timidi amori si denudano in passione
effimeri acquazzoni asciugano tegole
dolori e noia sciolgono neve in gioia
bollenti metalli irradiano l’aria
pallide verità s’abbronzano di vanità.

Fluisce repente questa bella estate
giuliva spugna che s’intride d’angustie
dove strizzerà il suo lordo raccolto?
Pensare..tutto questo per un fattore d’inclinazione!

 

 

 

 

 

 
 
MOSAICO d'EVANESCENZE

Un attimo..
lo sguardo si posa
su drappi mai composti
tessere di memoria
d'un evanescente mosaico.
Come silenzio
che a musica fa vivi
i più teneri accordi
m'è caro il tuo candore.

Io so
per questa quiete
così tenue...
un riflesso di laguna
e il petalo d'ombra
che ti culla l'occhio.
E so l'acuto che
v'irrompe dentro
col fregio vivo
della tua bocca.

 

 

 

 

 

 

 

I DOLCI DOLORI DI SAFFO

Come la beltà d’Afrodite
separa con veli le forme
Lei dall’ara ascosa loda
discinte spose del tìaso che
al di là del tempio colgano
dal ramo del carme più alto
i rosseggianti pomi d’amore
doni dell’anfitrione proibito.

S’alzano le voci dal coro
una preghiera di somma passione
fa tremolare la cetra divina e
il vento s’abbatte dal monte
sull’ardore delle querce mai chete.
Dall’ombroso incanto del bosco
Lei patisce per le carezze
di quei caldi sospiri, lacrima
lo strazio per la gioia perduta
nell’estate di caduche foglie.

Un insolito manto irrorato
sfavillante di voluttuosi sapori
rende una basita radura
e i di Lei languidi amori
abbandonati al crudo dolore
come fanciulle a sera
sbocciano in eterea danza
 
 

 

DUE VECCHI

Due vecchi
cos’altro
se non quella promessa
intrecciata ai nodi
delle loro dita

Due vecchi
cos’altro
se non il patto
vivo
nell’oblio di tutti

Ora
il seme
negato
alla furia dei venti
è
tronco d’amore
cresciuto
sui loro scheletri
stanchi
per reggere
l’ultima bufera
 

 

 

 

 

 

 



SUDAN FERITO

Da un flagello di civiltà
cenere su raccolti di miglio
nei villaggi in fiamme del sud
nessuno più macina sorgo

Addomi incatenati e mosche
l’addormentata chiatta serpeggia
attraverso giacinti palustri
e verdi pianori di papiri

Fratello frusta fratello
sul padre di tutte le acque
la torva città d’argilla
sventra minareti e chiese di fango

Lambita la foresta di mangrovie
un rossobruno incolto sputa al sole
lo scafo scuce la nubiana cerniera
solo nomadi di creta votati alla morte

Dipanando le ultime anse
fermenti di carcasse sitibonde
arrampicano sulle piramidi tombali
tra agonie di amorfi bivacchi

Dall’orde scalpitano lontani
verdi e bluastri turbanti
famelici su esangui giovani
fanno della terra voragini impure

Alla diga il fiume strabocca
cemento che soverchia fango
quei supini poveri diavoli
precipiteranno sognando.
 

 

 

 

 

 

 



Il VOLO ATTERO
(in morte della pittrice Tijarke Maas)



Sulla tela stanca
carboni di allodole attere
hai lasciato appesi
alle pareti di vuote stanze

Nessuno ti ha vista
all’ombra del tiglio
disegnare su meste veline
il contorno del pio convento

Da sola con bianchi spettri
ed oscure fantasie, fuga
dai francescani vicoli
al bosco degli ultimi pensieri

Fra le vestigia dell`antro
hai trasfigurato nella roccia
il tuo bel volto angelico
e dalla croce su in vetta
spogliata della follia
hai ricercato ali gonfie
tarpate da quel quadro appeso
 

 

 

 

 

 

 

 

  si dissolve
nel respiro d’attonite foglie

No, piacevole istante
lampo di tempo non coglie.
Mai oseranno tentare
il fosco incognito arco
e protendersi solo a sfiorare
le dita.
Canefora e Atlante
per tutta la vita
staranno, di pietra
in posa immutata
colonne d’una facciata
che non deve crollare

 

 

 

 

 


MACERIE

Tuoni in lontananza lacerano il cielo
soffocando il canto delle cicale.
L’angoscia dei boati
ti ha sgretolato le ossa
bussando al sogno
hai stretto a te il caro balocco
ma i bagliori erano troppo vicini.

Ti sei svegliato
nel ventre di una tomba di pietre
polvere pesante sulle palpebre.
Non più voce per gridare
né agre lacrime da bere
hai solo la tua breve vita
velocemente scorsa nella mente.

Hai sperato che il freddo
i pensieri potesse raggelare
ma senza unghie e con sassi in bocca
ti hanno scansato dal camposanto di macerie.
Hanno visto la tua mano
verso quello spiraglio chiuso,
ieri hanno salutato un bambino
per ritrovare oggi un uomo,
uomo dimezzato privo di sogni
che pure ora nel sonno
vede piovere dal cielo
cadaveri urlanti.

 

 

 

 

 

DONNE di GROZNY


Neri gruppi di donne
capelli aggomitolati
nel bianco velo
camminano
lungo un fiume senz’argine;
salgono
scale fatiscenti
tra barili trivellati;
addormentano figli
in case senza letti e pareti.

Con la nuca fredda
gli uomini
non hanno fucili
ma foto strette fra i polsi
in fondo alle fosse
dove neanche i topi
osano mordere

Donne del Caucaso
solchi rossi sulle gote
il mondo dimentico
li scambierà per sorrisi
mentre i bambini giù
nel diroccato verziere
calciano spolette
finché avranno gambe
intorno a sacchi di civaie smorte

Donne contrite
altri uomini pretenderanno
i vostri occhi foschi
il respiro vostro affannoso
le vostre grida annaspate.
Altre vite perse..
il mondo fingerà
di non vederle

 

 

 

 

 

 

MUSA



Del tuo nome
ho fatto respiro
tra le mie labbra

Della tua voce
ho fatto musica
per i silenzi
delle ore insonni

Gli alberi
scuotono al vento
i tuoi capelli
e la bocca
è dove l’onda ride
coi sassi bianchi
dei tuoi giovani denti

Ma in ogni angolo di cielo
invano cerco
i tuoi occhi:
solo m’appago
nell’incontrarli

 

BOCCA di MARE (notte sulla spiaggia)



…Vuoto…
intorno alle labbra
pelle di guazza
su cui s’abbellisce
platinata la luna

..m’illumina..
l’indomita eco
rintrona di scoperte
dalle escoriate valve
scalfite ad una
modellata cavità
eterno ricovero di perle

…ovunque..
affiorano
sapienti parole
intrigate di malizia
che al cuor rinvengono
nel pugno serrato
…dall’onda…

 

 

 

 

 

ANTIPODE PROSSIMO


Dalle cicatrici
della tua pelle riarsa
brunita da secolari stagioni
con voce fossile
cantami tu l’idillio
dell’australe vita:
tamburi su tronchi cavi
otri di marsupiali pelli
denti di caimano a monile
mormorio di graffiti rupestri
tonfi di salti sul deserto.

Ad ogni pietra solinga
ad ogni sparuta scaturigine
hai sempre parlato..
tu sei vento onnivoro
dingo eremita,
tu branco dello sconfinato
cogitabondo eucalipto,
tu sei uomo che sa accogliere

Sì, tu amico aborigeno
immortale cellula
tendevi l’udito
al lontano sibilare tra i pinnacoli
seguivi ammirato
le nuvole adagiarsi all’orizzonte
fiutavi il cielo
delle notti insonni di luna..
prima che l’infedele
l’insondabile neolitico frangesse.

Caro amico d’antipodi
dal tuo cuore familiare
che tocco più d’altri opachi
traspare il geroglifico di saggezza
l’estuario della verità
da cui berrò a piene mani.

 

 

 

 

 

 



M’erano i giorni
ormai
sulla bocca
sapore di saliva
e li inghiottivo
senza sapere
il vuoto
che sulla lastra d’acqua
apre
il grido d’un gorgo
sul finire.

Io sono_ora_
increspature d’ansie
e d’inutili attese
in quel vortice
sul finire.

 

 

 

 

 

 



Voltato l’angolo
dopo lo steccato
la notte urlante
dilania a squarci.
Vicino all’asfalto
sul lungomare
il cuore diventa randagio
nella sabbia avvolgente.

La falena
scarabocchia piroette
sopra la mia fronte,
mi assale e graffia avida.
Allora d’azzardo
..azzecco l’amore..

Volerò da lei
come lucciola spenta
lontano dalle ansie
e dopo una strada vuota
oltre una piazza piena
potrò accarezzare
con cute di sasso
i suoi rosei glutei
mentre la notte vagabonda
celerà
agli sguardi siderei..

 

 

 

 

 

 

 



Su questo lembo
sono terra di confine
ali a mantice
sopra i ghiacci eterni
talamo del giorno
alla notte avvinto.

Rasento chimere,
santuari senza tempo
su monoliti a cerchi
spezzano la brughiera
del sole dormiente
nella cavità d'un fosso


Aliante,
su estate ed inverno
petali d’una stessa corolla
laddove avidi girasoli
bramano cielo
innalzando steli
oltre le nuvole

Sopra deserti
vagare d’armenti
su fiumi di pietra,
una voce di madre
avvolge uno sguardo;
immoto, supremo
in alto, si erge il sole.

In questo lungo dì
alfine sul mondo
si caleranno reti
a maglie infinite,
la luce possente
farà mattanza di noi
creature inutili
alle oliate
movenze cosmiche

Ma io sul finir del volo
mi poserò sul seno tuo
per rimirarti ancor più
nel dilatarsi dei minuti.

 

 

 

 

 

 


 

Sarmenti di melograni
da tralci nodosi
pendon d’agrifogli spinosi
di bruma confusa
a vaporosi aneliti d’ape.

Enfasi d’aria frizzante,
lievito di gleba
brina ancor lepida
frastornante
nel crepuscolare lucore.

Gaudio immobile…..
di viandanti…
fecondo d’aromi
tra fasci ricamati in trine
dallo schietto
sedare di colli al selciato,
cinereo viottolo.

Sarchiato da foriera lena
verso un sobrio ritaglio
di porpora decorato
mantello rosso tappezzato,
ed alla valle sonora
echeggia il sommesso
frantumare di passi
armonici al rustico greto.

Sole di cristallo
orlato di volte e
tulipani sgargianti in fole,
sull’impeto in corsa
col fiato spezzato
via dall’inganno fugace

 

FRAMMENTO d’IMMAGINE

Frammento d’immagine
d’una luce sopita
scivolato via nel tempo
cosa ne rimane ora?

Caduche dissolvenze
tesori di nostra vita
affogati negli occhi
giù in fondo
come riflessi d’acqua
in un pozzo,
giù in fondo.

Cose vaghe, cose lontane
di tutta una vita
che poteva essere… chissà.
Solo un’immagine
m’è rimasta fra le dita

E stasera fissando una stella
che finisco per non vedere
il tuo viso levigato
invaso dagli occhi dolenti
riaffiora insieme a una lacrima
da in fondo, all’animo mio!


 

 

 

 

 

 

OMBRELLONI


Ogni volta
che vado al mare
un muro screziato
da scialbi sorrisi
intarsiato
si frappone
fra me e la libertà.

Uomini prigionieri
essudati di civiltà
non più tali
penzolanti come macachi
inaspriscono l’etere
sussurrato
dalle parole del mare.

La natura
su ali di procellaria
turbata aleggia via
lontana dal mosaico
di colori posticci;
il mare s’è rappreso
in un’onda di sassi..

A riva
ascolto la bocca renosa,
salsedine su labbra di ricordi
e solo ieri un fanciullo
capelli color grano maturo
correva per divago
galoppando nel libeccio
e fermandosi, sorrideva
nel trovare tra i ciottoli
doni di madreperla.

Ora,
non più ombrelloni solo madrèpore vorrei...
 

LUNA ALTA

Boccaporto eburneo
del firmamento
inusitata piovi
sulla trama corvina
stagliata aurora
non ancora inventata
sei sole che riscalda notti.

Cerbero dell’invisibile
di qua premi lo sguardo
mentre su me
attonito e muto
balena un fremito,
una brezza di strame
asciuga poche lacrime.

Il prato smeraldo
rifrange il chiarore
in origami di luce
in questa notte
rorida di grano
appena falciato

Confusi ai covoni d’avena
barlumi argentei
sfavillano come lampare
e dopo il poggio
mi indicano la via
lastricata di noia

Diafana mi contempli
cimasa dell’olimpo
ti dileggi beffarda
con le mie inezie
a confronto
della tua immane
maschera di plenilunio.

 

 

 

 


 

ORE INFAUSTE


La burrasca stramazza
contro i vetri
le creste del mare

Trattengo il fiato
sommerso dall’agrodolce
turbinio di rimorsi
sul bordo del letto
ho riposto la mente

La pioggia schiaffeggia
con frastagliate felci
lo sconnesso patio

Sono in equilibrio
mantenerlo più non posso
talvolta occorre
farsi sospingere
su per il sommo rudere
tra macerie arroccate

Eco di tuono
romba sotto il porticato
vibra nel mio petto

Tegumento di vanagloria
le pagine lacere
d’epoche avite
decantano sotto il bicchiere
in attesa d’altri calamai

Impazza il fortunale ,fuori
il vecchio olmo
s’immola alla folgore

L’ora al limine delle sorti
annodo stretta la canapa
bavero delle mie membra
sospeso e vacuo
tra le pieghe intentate
di libri a me noti

sul brusco
il soffio apre la finestra
spazza i pochi vergati fogli

Più nessuno bussa al portone
cieco e sordo
mi lascerò cedere
senza appigli per le mani
d’un destino barcollato
giù da un ligneo trave
e del suolo orbato

La bufera
inghiotte nuvole e lampi
in un bercio rantolare
forse anch’io immemore
svanirò

 

 

 

 

 

PENTIMENTO

Ho atteso questo albore
velato da bambagia spettrale.

Sull’arenile
madido di antiche saghe
con i tuoi sandali
abbandonati alla risacca
mi ritrovo solo

-senza te è l’assurdo-

Assorto nella dimenticanza
le onde terse e mansuete
svestono le mie impronte
massaggiano il rimpianto
destando segreti mal sopiti

-segreti a te nascosti-

M’appoggio alla roccia
rimestio d’alghe tra i sassi
allattato da seni pietosi
penso ai giorni
lontani, perduti

-vissuti con e per te-

Di una manciata di sabbia
trattengo pochi granelli
di te ho ghermito tutto
ho prosciugato battigie
nulla ti ho lasciato

-ti ho abbandonato-

Adagio l’occhio
sul molo riflesso
cullato dallo sciacquio
dopotutto
l’entusiasmo non ho corroso
ma solo il tempo

-l’ho fermato per te-

A respirar mi sono sentito
sotto un’afa senz’ombre
nel biascicare
sommesso dell’onde
ho rinverdito un gioco:

-A te tornerò per farmi perdonare-

 

 

 

 

 

 

 

ILLUSIONE

Mi sfiori
e mi porti
per prati di piume
calate
da mille e mille
palpiti d’ala
in fondo alla valle del tempo

E ridi,
ridi
a levarle
più alte
più bianche
impazzite nell’ultimo sole

Ora fuggi
senza darmi
una mano
vuoi solamente
che il vento
mi posi sul capo
un diadema di piume

 

All’IMBRUNIRE



All’imbrunire
la cena intonsa sul desco
calo lungo le vie
a pettinare vicoli
ammatassati sul duomo.

Nell’agonia del vespro
facciate consunte
e residui d’insegne
ove s’attarda
su quel trave
la primavera in boccio.

Dall’abbaino in penombra
s’agita un ventaglio:
profuma l’aria
di genziane e violette,
i pensieri m’inghirlanda
di cieca commozione.

In vetta alla campanaria
s’appresta il crepuscolo
assaporando ancora
burro cacao alle rose
scorgo panchine
di antichi baci contesi.

All’apogeo
del mio errare
mi sporgo nel vuoto:
…la città in chiaroscuro
è un vascello fantasma
col luminescente pennone
sin alla luna
e l’estremo barbaglio
del sole
a far da pappafico…
…vi soffio…
un refolo di fiato…
…e via!…salperà lesta
verso astri ignoti.

 

 

 

 



 

NAUFRAGHI



Occhi che non vedono
cieli sconfinati
orditi con ali e comete
attendono sguardi
da chi porge loro
zattere di giunchi

Orecchie che non sentono
canti melodici
intonati su nomi e poesie
indugiano voci
da fari alieni
come sestanti sonori

Oltre i frangenti dell’isola
se a sguardi e voci
nessuno darà approdo
naufraghi imperituri
saranno i sventurati
al tracimar della volta

 

RITORNO A CASA

Oasi
che prendi
la mia sete lunga
dei passati deserti

Cala sicura
ch’esaurisci
il mio andare
tempestoso

Bagno tepido
delle mie
carezze contente
…sono qui…

 

 

 

 

 

 

CUPA è la NOTTE

Il cuore rallenta
quando odo
i suoi passi
gravare la sera
fuori il portale

La nebbia svapora
dal fosco al rosso
di camelie murali
e a corona del mito
un brusio d’anime mute

Inumato dalla tenebra
arcano mi giunge
dalle fughe arrancate
un torvo stridio
d’aghi pestati di pino

Rade stellari
rifulgono sugli embrici
in mirabolante baleno
rotolano all’orlo
cupo del nulla

M’invade sinistro
tra l’ore strozzate
un incubo represso
se son desto oppur no
tacite campane sapranno

 

 

 

 

 

 

 

MENTRE la NEVE vi CADE



Manto lezioso
copre prati e rossi tetti
rende candido il tutto
purificando
col magico tocco.
La neve vi cade,
sulle stanche giornate
che sterili una sull’altra
s’accatastano a coprire
un mesto canzoniere.
La neve vi cade,
come il respiro sul vetro
le piccole gioie festanti
vestono i nostri capelli
ma subitanee sciolgono
in un’algida carezza.
La neve vi cade,
congela rapida al suolo
e rapita, s’appende ai rami
greve peso d’infermi pensieri,
mentre
il mio corrivo meditare
sosta su tiepidi comignoli

 

 

 

 

 

 


 

TRACCE sul MURO
 


In primavera,
scruto ragazzi
affrescare di muràles
le cinta della pieve
in sommità al borgo.

In estate,
i raggi inaridiscono
le briose pitture
tra le fessure
vado frugando ortiche.

In autunno,
i piovaschi dilavano
ostinati intonaci
in un macero di tinte
smarrisco la traccia.

In inverno,
vi raccolgo terriccio
dono colori ai fiori
che già avvizziti
poserò sull’amica tomba.

OCEANO

Trasuda l’oceano
dalla frontiera d’acque
affievolisce con soavità
le forme della scabra terra.
Solca indolente una vela
scolorisce rapida
sul fondo intinto
nell’indaco di spume.
Olente è la salsedine
che assorbe
il dolce madrigale
modulato dal valzer dei flutti.
Giardini
d’anemoni e coralli
illuminati a tratti
dove l’arcobaleno s’inabissa
polverizzandosi all’orizzonte
congiuntura di leggende.

 

 

 

 

 

 

IL CAMPO delle MEMORIE

Vacillavo spossato
sul germogliare
di nativi paesaggi
effimere vestigia
stemperavano la mulattiera
libravano biade
e inflorescenze
inebriando aria.

La fresca pruina
dissetava i frutteti
nel maggese spazzato
dallo scirocco
affondavo piedi e mani
nel ribollire dell’argine
cui dolci gorgoglii
scolorivano in amarezze.

Andavo sfarinando
con occhio vitreo
zolla dopo zolla, finemente,
campi brulli di oblio
pasteggiando folate
toccanti di bruma
odorosa di azzimo, uve calpestate,
e…malia infusa a petali.

Rivelavo al cuore la passione
per quei friabili tasselli d’elegia
poi, il caldo turchino mutava
crepitando da fiamme
di remoti e longevi falò

Pian piano lungo la via
l’evanescenza s’attenuava
la fioca pira scomparve
…d’improvviso…
un brivido mi pervase.

 

 

 

 

 


 

SENTIERO DI PERIFERIA
 


Piccole case in periferia
un merlettare di risacca
sullo scoglio cittadino.

Piccole case
disinvolte e pudiche
la vita vi traspare
come il pulsare
sulla vena del fanciullo.

Un geranio alla finestra
ed è un giardino
uno sbadiglio di porta
una tenda, ed è l’intimo.

Sfasature di piani
mordono lo spazio
dove il sole s’annida
e l’ombre vivono di riflessi.

Ecco! Piccoli orti
a palmi…a spicchi
..sulle balze
che il cemento ha disegnato.

Radi pomodori
insieme
ai miei desideri passati
chiedono ancora
a questo tepido sole.

 

 

 

 

 


 

PASSAGGIO di STAGIONE
 


Afflato odoroso
umettato di piogge,
giorni scanditi
da caraffe di vino
oramai alle labbra
insapore
esuberanza appassita
in coppe
di tiepidi calori
disciolti
in sguardi ghiacciati.

Il dolce vagare
in stagioni meno dolenti,
…giocose…
di catinelle torrenziali
…guizzanti…
sugli sterrati, già pantani
inerme s’adagia
tra smorfie di vento,
cascine e pietraie
con rinnovata brama.

 

L’INFINITO RIPOSA

Un affanno trafelato
ondeggia vacuo
sul trillar delle campanelle
la montagna dona all’eterno
l’estasi della natura.
Dalle sponde
tinte d’azzurro
un frammento lirico
crea l’alba…
s’arricchisce il cielo
vivido, infiammato di luce
il respiro lo raccoglie
al di sopra
dell’abbacinante nembo.
I profumi palpitano a perle
il sole prosciuga
la tremula rugiada
e…gli infiniti attimi
…riposano…s’acchetano
in queste ignote nicchie
calmi, opachi,
vaporanti del senso
ritmato delle cose.
Da qui, dal volger lieve
l’impalpabile del sentimento
s’incastona nel mio cuore
pascolo di un flebil canto
concorde ai dì
siano nebulosi,
siano serenissimi
e l’infinito
ogni nostro istante
appronterà a suo giaciglio.

 

 

 


 

PIOGGIA

L’arso della sete
strozza in gola il pianto.
L’iniquità
divampa sulla terra
e moltitudini di mani
scuotono verso il cielo,
vibrano l’aria
con lame di dolore.
Il tetro brontolio
giunge
e sommerge ogni voce,
riemergono
dalle fonde rughe
colme all’orlo
abissi sconosciuti,
e dal selciato
risa di pioggia in corsa
scalpitano fugaci.

RITRATTO

Il nodo
che serra in gola
stringe forse le verità
che non vuoi evocare?
Lo leggo
dai tuoi occhi volubili
che vogliono scuotermi
imbrattandomi d’insulti;
dalle tue dita affusolate
che nervosamente sfiorano
la mente pensante;
dal degradare degli zigomi
sull’ondulare delle narici
fameliche di attenzioni;
dalla tua cerea pelle
che contorna
l’avido morso delle labbra;
e su tutto,
dalla tua linfa
che dalla palpebra alla bocca
tramonta sull’aurora
del tuo viso provato.
E’ il tuo corpo ribelle
a tradire l’anfratto
dei tuoi segreti,
a volermi svelare
la tua ignota natura,
…a farmi capire…
quanto ancora mi ami…

 

 

 


MARE NOSTRO

Procella d’acque
mitigata da torri,
orizzonte d’indaco
punteggiato
da desolanti pensieri;
onde e vele
rollano nell’indifferenza.
Allieta
il fluttuare peregrino
nelle angosce
ridestandosi
dal grembo informe.

TEREDINE

Prigioniera
nel cavo dei tuoi sensi
vai per mari
che non sai

Il pensiero per capire
che non puoi
comprendere

aliante
non andrà
alle stelle
 

IL TEMPO

Turba il senso
assottiglia le immagini,
intrinseco logorio mai domo.
Riflesso del passato
assorbe il vissuto…
placido risveglio di un sogno.
Un proscenio di foglie
seccate dalle nebbie
dischiude con mani immote
il sipario sulla tremula mente…

 

 

La proprietà letteraria è dell'autore. Ogni riproduzione è vietata.

 

Home page  |  L'autrice del sito  Le pagine del sito     

         

 

b>

Il nodo
che serra in gola
stringe forse le verità
che non vuoi evocare?
Lo leggo
dai tuoi occhi volubili
che vogliono scuotermi
imbrattandomi d’insulti;
dalle tue dita affusolate
che nervosamente sfiorano
la mente pensante;
dal degradare degli zigomi
sull’ondulare delle narici
fameliche di attenzioni;
dalla tua cerea pelle
che contorna
l’avido morso delle labbra;
e su tutto,
dalla tua linfa
che dalla palpebra alla bocca
tramonta sull’aurora
del tuo viso provato.
E’ il tuo corpo ribelle
a tradire l’anfratto
dei tuoi segreti,
a volermi svelare
la tua ignota natura,
…a farmi capire…
quanto ancora mi ami…

 

 

 


MARE NOSTRO

Procella d’acque
mitigata da torri,
orizzonte d’indaco
punteggiato
da desolanti pensieri;
onde e vele
rollano nell’indifferenza.
Allieta
il fluttuare peregrino
nelle angosce
ridestandosi
dal grembo informe.
TEREDINE

Prigioniera
nel cavo dei tuoi sensi
vai per mari
che non sai

Il pensiero per capire
che non puoi
comprendere

aliante
non andrà
alle stelle
 

IL TEMPO

Turba il senso
assottiglia le immagini,
intrinseco logorio mai domo.
Riflesso del passato
assorbe il vissuto…
placido risveglio di un sogno.
Un proscenio di foglie
seccate dalle nebbie
dischiude con mani immote
il sipario sulla tremula mente…

 

 

La proprietà letteraria è dell'autore. Ogni riproduzione è vietata.

 

Home page  |  L'autrice del sito  Le pagine del sito