Silvana Pagella1-2 


 
LA MIA BIOGRAFIA

Mi chiamo Silvana Pagella. Nacqui sana, tra le accoglienti pareti domestiche, in seguito ad un parto settimino e gemellare, inaspettata, la sera del 20 febbraio del 1959, a Spinetta Marengo, frazione di Alessandria.
Il giorno seguente divenni cianotica, forse, per un danno causato dall’incubatrice, e, probabilmente, sarà per questo motivo che restai gravemente spastica. Intanto, dentro di me, la vita pulsava, mentre il destino mi preparava a lottare.
Nonostante le mie moltissime difficoltà motorie ed espressive, non volli arrendermi, ed armata di volontà e coraggio ottenni parecchio.
A sei anni, mia madre, mi condusse a Firenze, in un maestoso Istituto per bimbi spastici “Anna Torrigiani,” sulle antiche e ridenti colline di Fiesole. Ivi restai cinque anni e soffrii per la
distanza dal mio nido e dalla mia famiglia.
Venni curata, amorevolmente, dall’equipe del noto professor Adriano Milani Comparetti, fratello maggiore dello scomodo e famoso prete fiorentino: don Lorenzo Milani.
Frequentai le scuole elementari, imparai a camminare ed acquisii una certa autonomia.
Rincasata dal Collegio nel 1970, compii lentamente e privatamente altri studi.
Nel 1998, una paresi colpì la parte destra del mio già gracile fisico e mi costrinse all’ausilio d’un deambulatore.
Ora, le mie condizioni si sono stabilizzate e sto discretamente bene. Amo l’arte, la musica, la letteratura nazionale e straniera, le poesie di ogni poeta….ed io stessa ho composto più di cinquecento poesie. Grazie al computer che mi è di grande aiuto.
I versi raccolti in questo piccolo libro, sono, solo, una particella di me, dove io rievoco la mia lontana infanzia, i miei preziosi ricordi, le persone che amo e che ho amato, soprattutto la nonna paterna perché fu proprio lei che m’insegnò a vivere. Infatti, è a nonna Angela che ho deciso di dedicare queste pagine.
Per coloro che terranno tra le mani le mie poesie sarà come se avessero in mano me.

Auguro, a tutti, tanta serenità nel cuore ed ogni Bene al mondo intero.

 

 

i suoi pensieri
 

COSE LONTANE

LA BALLERINA DELL’AMORE.

ALLA BEATA DI CALCUTTA.

AFORISMI

  Un altro anno

PRIMO DOLORE.

VEDENDOTI.

PICCOLO FIORE. TROVATELLO. QUEL NO PER ME. INFANZIA. DESIDERIO. AMARE LA VITA. SE VUOI.
CANTO MATERNO. GESU’. SORRISI LUMINOSI. SENTO UNA VOCE INTERIORE. PETTIROSSO. HO SOGNATO LA PRIMAVERA LACRIME DI MAMMA.
ARIA FEBBRAINA. PRIMA PIOGGIA. LASSU’  QUALCUNO  CI ATTENDE. RICORDI D’UN PADRE. TI RINGRAZIO! Trilussa HO SCOPERTO LA FELICITA’.

 

HO SCOPERTO LA FELICITA’.




Ho scoperto la felicità,

rievocando

il mio passato.



Ho trovato la gioia,

amando

il mondo intero.



Ho vissuto nella gaiezza,

facendo

amicizia con tutti.



Ho scoperto letizia,

osservando

l’impareggiabile natura.



Sono esplosa

d’indescrivibile gioia,

allorché intracciai,



dopo un lungo silenzio

la mia fiorentina, sospirata

ed amata maestra!
 
 

TI RINGRAZIO!

 

Alla mia ex maestra: Paola Quercioli.

 

 

Ti ringrazio

per avermi amata,

laggiù,

nel fiorentino istituto.

 

Ti ringrazio

d’avermi insegnato,

piamente,

scienze e saggezza.

 

Ti ringrazio

per essermi stata vicina,

per aver sofferto

e gioito con me.

 

Ti ringrazio

dei tuoi sinceri

e materni rimproveri,

che mai scorderò.

 

Ti ringrazierò,

sempre,

per essermi stata

la mia seconda mamma!

 

 

 

 

 

 

Trilussa

(C. A. Salustri)

1873-1950
 

LA GUIDA


 

Quela Vecchietta ceca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse : - Se la strada nu' la sai,
te ciaccompagno io, chè la conosco.

Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò una voce
fino là in fonno, dove c'è un cipresso,
fino là in cima, dove c'è la Croce... -

Io risposi: - Sarà... ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede... -
La Ceca, allora, me pijò la mano
e sospirò: - Cammina! -

Era la Fede.
da "Acqua e Vino" - 1942 Mondadori (Milano)

 

LASSU’  QUALCUNO  CI ATTENDE.

 

“ Lassù Qualcuno

ci attende!”

Indico, piamente,

con gesto placato

del dito

una mamma

alla sua piccina,

inducendola,

a contemplare il cielo.

Taceva la bimba,

guardando e seguendo

quel dito materno
che continuava

a mostrarle la volta azzurrina.

Intanto,

la madre parlava:

“ Nel cielo c’è Gesù

che ci attende,

se siamo buoni

e facciamo del bene.”

Esprimendosi,

alla sua maniera,

la piccola disse:

“ Anch’io

voglio essere buona,

e fare del bene

come tu, mamma,

lo fai a me!

 

 

 

 

 

RICORDI D’UN PADRE.

 

Ogni padre narra

ai figlioletti suoi

la storiella

della sua lontana infanzia.

 

Inizia:

“ Che monelletto

ero alla vostra età fiorente;

che sforzi compii

mio padre

per rendermi disciplinato!

 

Ma non lo compresi,

finché anch’io

divenni padre,

e solo allora

il puro sacrificio

del mio caro papà.

 

Anche voi,

giovanetti inesperti

sin quando

non avrete frugoletti,

ignorate

il grande amore

di noi, genitori.”

 

 

 

 

 

 

 

ARIA FEBBRAINA.

 

Nel firmamento

sempre più chiaro,

pigramente,

fa capolino il sole

riscaldante

leggermente la terra,

e scioglie la neve

ai suoi raggi.

Le acque fiumane

e marine

riprendono

il loro percorso,

trasportando lontano

le trasparenti lastre di ghiaccio.

S’odono i pettirossi

trillare nell’aria serena.

Sui rami, ancora, scheletriti,

già fiorisce

la prima e tenera gemma.

Dal caldo tepore

delle villette

provengono

le grida di bimbi

che festeggiano,

uniti,

l’allegro Carnevale.

Febbraio,

è pure il mese della mia festa:

la festa

della mia nascita!

 

 

 

 

 

 

PRIMA PIOGGIA.

 

Capricciose nuvole

errano per il cielo.

Ecco, d’un tratto,

cadere

le prime gocce di pioggia

sul prato, non ancora, verde

del tutto.

E’ una pioggia leggiadra,

una pioggia della nuova

e tiepida primavera

che discende, piamente,

dal firmamento, appena incupito,

e distoglie in fretta

i resti dell’ultima neve.

Lava, dolcemente,

i rami del faggio,

tuttora, scheletriti.

Dona tepore agli steli

perché sboccino le primule.

Gli usignoli

coi loro trilli,

s’accingono

ai soffici nidi

dove deporranno

le uova.

Nella cuccia

il cane scodinzola

e guaisce divertito,

vedendo cadere

le trasparenti gocce d’acqua.

I fanciulli

nei loro impermeabili

non temono l’acquerugiola,

e dalla pioggia

tendono i visetti

per farli adacquare

dalla corte azzurrina.

Soltanto,

gli scuri e tristi cipressi

LACRIME DI MAMMA.

 

Una giovane mamma

piangeva, sola,

al tiepido astro solare,

sul verde tappeto primaverile.

Il suo gemito

lo sentivano le acque

che mormorano

al lieve alito di brezza;

lo udivano i pettirossi

che sorvolavano

la sua chioma lucente;

lo assaporavano

i variopinti fiori

del prato,

occhieggianti,

il cielo terso.

 

La sera,

quel pianto materno,

non era, minimamente,

cessato:

lo percepivano le tremule stelle

nella notte serena;

lo udivano i saggi gufi,

e soffrivano pure loro.

Il gemito della genitrice

era assai grande:

aveva perduto,

per sempre,

il suo frugoletto;

aveva perso

il suo tutto

 

SENTO UNA VOCE INTERIORE.

  

Sento una voce

vibrare dentro di me,

dentro il mio cuore.

E’ una voce

che mi chiama

e mi richiama

piamente ed in tono placato.

 

E’ la voce d’una persona

che tanto m’amo,

ed ora

non vive più quassù.

 

Eppure

ogni giorno

riodo la voce:

la percepisco

il mattino

al mio risveglio.

 

E’ come

un lieve soffio di brezza

che m’agita

le chiome fluenti

per strada.

 

E’ l’eco

d’una voce sommessa,

che or vicina, or lontana

morbida e dolce,

mai m’abbandona.

 

E’ la voce

della nonna paterna:

sempre

il mio quotidiano conforto

nella prova e nel dolore.

 

 

 

 

 

 

PETTIROSSO.

 

Pettirosso

che sorvolasti

la sanguinosa fronte

di Cristo, circondata

da una terribile

e pungente corona

di spine,

che niuno osò toccare.

 

Pettirosso,

tu solo,

trovasti il coraggio

di staccare qualche spina,

macchiandoti, cosi,

il tuo candido petto

di quel Sangue

che salvò il mondo.

 

Pettirosso,

tu, pur. soffristi,

in silenzio con Lui,

contemplando

quel reclinato capo

dolente,

e di nuovo, guardasti

quella corona di spine,

piangendo piamente.

 

Ma quella corona spinosa,

improvvisamente,

si tramutò

in un abbagliante

e raggiante Diadema

di purissimo Amore Divino

e d’Eternità!

 

 

PICCOLO FIORE.

 

Ieri

quel piccolo fiore

era bello,

sul verde prato lucente.

 

Era soave,

con la corolla splendente,

come il viso d’un bimbo ridente.

 

Stamani

quel piccolo giglio

giaceva là, appassito e ricurvo

con i petali

 

dischiusi, opachi e cadenti,

similmente,

ad un uomo

vetusto e sofferente.

 

 

Minuscole viole;

minuscoli ciclamini,

voi, pure, patite,

voi, pur morite.

 

 

 

 

 

SORRISI LUMINOSI.

 

Alla mia ex maestra, ricordando il suo sorriso.

 

 

O, quanti

bei sorrisi luminosi:

illuminati dall’amore

e dalla saggezza

ho visto.

 

Sono sorrisi

pronti a tutto,

sono sorrisi

splendenti

più del sole.

 

Sono immagini

sorridenti

simili a tante luci

che m’inducono

a riflettere.

 

Sono labbra

e sguardi materni

d’una maestra

che ho

sempre

nel cuore.

 

Sono sorrisi

ed occhi

ridenti

aventi,

pure,

sofferto,

amato.

e cantato

insieme

a molti bimbi

come me!               

 

 

 

 

 

 

TROVATELLO.

 

Non ricordi

d’aver avuto una mamma

che al suo seno

ti strinse?

No.

Quando

ti sei accorto della vita,

ti trovasti rinchiuso

in un orfanotrofio,

insieme ad altri

trovatelli come te.

Mai avrai udito

un aggettivo materno,

dolce e carezzevole.

Avrai, soltanto, sentito

verbi freddi e poco amorevoli.

Infelice bimbo abbandonato,

senza rispetto e senza rimpianto.

Chi sarà, mai stata, la tua vera mamma?

Forse, un giorno,

arriverà una nuova madre

che t’adotterà per amore;

non per caso,

ed avrà cura di te.

Mentre Dio punirà

la tua madre naturale

per averti concepito

senza alcun affetto,

lasciandoti, poi, solo al mondo,

senza nessun rimorso,

senza nessun dolore

e tanto menefreghismo!

 

 

 

QUEL NO PER ME.

 

Al mio ex dolore.

 

Quanta tristezza

assaporai,

quel giorno,

allorquando

mi dissero:

“ No!”

al collegio

in cui speravo

d’entrare,

per poi, uscirne maestra.

( Le suore dotate d’ipocrito amore bigotto.)

M’asserragliai,

con groppo alla gola,

nella mia intima stanzetta;

scendevano lacrime amare

giù dal mio pallido viso.

Il mondo, crollatomi addosso,

aveva arrestato il mio cuore.

Un sol desiderio era vivo in me:

morire, volevo morire!

Ma una voce improvvisa

stroncò l’affanno mio;

essa disse:

“ No. No! Non disperati tanto così!

Ti dò, ora, un dono più bello.”

Era, dal cielo,

la voce d’un’assai amata persona

che soffrì per me e con me.

Così, ancora,

una volta

avvertì

la dolce eco

della mia nonnina,

discesa in mio aiuto.

 

Infatti,

d’allora,

serbo un’attitudine vaga

che ogni giorno

mi spinge a stilar

ciò che il mio cuore

mi detta.

 

 

 

INFANZIA.

 

 

Rivedo me stessa bambina:

carezze, sorrisi, balocchi.

Riodo il mio tremendo vagito.

Ricordo del mio primo dentino.

Rammento quel tempo

che fu la mia infanzia soave…..

……..che or……non è più!

 

 

DESIDERIO.

 

 

Desidererei

vivere

in una graziosa

e candida villetta

dalle imposte

e dall’uscio verdi,

con il tetto rosso

ed il camino fumante.

Mi piacerebbe

stare comodamente seduta

accanto al focolare

ed udire

dolci ed affettuosi aggettivi

che fanno bene

al mio cuore.

Sarei lieta

di vedermi,

soltanto, nel sogno,

in una casetta antica,

custodia d’amore,

d’unione e di solarità.

 

 

 

 

AMARE LA VITA.

 

 

Amare la vita

per quello che siamo.

 

Amare la vita

per ciò come siamo.

 

Amare la vita

ovunque ci troviamo.

 

Amare la vita

per quello che abbiamo.

 

Amare la vita

per ciò che possiamo.

 

Amare la vita,

convincendo ogni uomo alla bellezza,

 

all’armonia, alla dolcezza,

al sorriso, alla giustizia, alla fratellanza.

 

E’ questo il motivo

della vera felicità!

 

CANTO MATERNO.

 

 

Silenzio,

è notte

e tutto tace,

e laggiù, da una villetta

proviene un canto.

E’ un canto di mamma

accanto ad una culla

che ripete, instancabilmente,

la dolcissima cantilena.

Quella voce

s’avverte che ha sonno;

ma non s’interrompe

perché il frugoletto

non ha ancora

chiuso le tenere ciglia.

Quella musica si calda,

quella voce sì pregante,

m’induce a rivedermi bambina,

tra le braccia della mamma

che cantava, pure a me,

la soavità della ninna nanna.

 

 

 

 

 

 

SE VUOI.

 

 

Se vuoi amare,

ama.

 

Se vuoi cantare,

canta.

 

Se vuoi sorridere,

sorridi.

 

Se vuoi gioire,

gioisci.

 

Se vuoi dialogare,

dialoga.

 

Se vuoi abbracciare,

abbraccia.

 

Se vuoi baciare,

bacia.

 

Se vuoi osservare,

osserva.

 

Se vuoi cooperare,

coopera,

 

pensando a Cristo

ed a tutti

i tuoi simili.

 

 

 

 

GESU’.

 

 

Là,

in fondo,

a quella spoglia nicchia;

là,

nella notte

più fredda

e più profonda;

là,

nella povera Betlemme,

con il più profondo

mistero dei misteri,

una nuova Creatura

è nata;

un’altra era inizia.

 

PRIMO DOLORE.

 

Già,

il tenero cuore

di bimbo,

inconsciamente,

non ignora

il dolore.

 

Il frugoletto,

nascendo,

assapora

il primo grande dolore.

Il neonato soffre,

come patisce

la mamma

quand’è

nel punto si partorire.

 

Sì,

il bambino,

spalancando

le piccole ciglia

piange, s’agita,

trovandosi

in un altro mondo.

Ma al termine

del parto,

la madre,

sorridendo gioisce,

ed il piccino sorride,

anche lui,

sentendosi protetto

tra le calde braccia

della mamma.

 

 

 

 

 

VEDENDOTI.

A Mariangela.

 

Vedendoti vicina,

amata gemella,

la tua presenza

alimenta, in me,

ogni forza.

 

Colloquiando

con te,

la tua figura

m’induce

a riflettere.

 

Sei tu che m’ispiri

quella bramosia

di vivere

e d’essere forte,

e fiera

di me stessa.

 

Purtroppo,

entrambe,

abbiamo avuto

un diverso

ed avverso destino;

ma cosa conta?

 

Abbiamo

Il medesimo sangue

nelle vene,

siamo nate

a distanza d’un’ora,

e vivremo

sempre unite

e lotteremo assieme

legate da un invisibile

filo gemellare.

 

 

 

 

 

COSE LONTANE

Alla mia ex maestra: Paola Quercioli.

 

Addio,

cose lontane;

cose amate,

e da me

riamate.

 

Addio,

giochi infantili,

dolci giochi

colmi

di fantasia.

 

Addio,

dondolio

di culla

che m’avete

fatto sognare

sotto la luna.

 

Addio,

luoghi adacquati

dalle mie lacrime

di bimba,

dove ho compreso

la mia realtà.

 

Addio.

voce materna

di maestra,

che m’hai insegnato

la scienza

e la bontà.

 

Addio,

cose lontane,

cose passate,

memorie intramontabili

che vivrete,

sempre,

dentro di me:

nel mio cuore

di donna.

 

 

 

 

 

 

LA BALLERINA DELL’AMORE.

 

Sono una fanciulla

che vola lontano,

che sfiora il cielo,

che accende le luci

notturne.

 

Sollevo i calcagni

dal suolo,

e sulle punte dei piedi

vado.

Alzo le braccia all’azzurro,

ed attorno a me stessa

giro e rigiro.

 

Sono una creatura

camminante

in un mondo novello,

senza far rumore;

ascoltante

i leggiadri suoni

dell’occaso.

 

Sono una giovinetta

danzante

da mattina a sera,

compiendo gesti

d’umiltà e pace

con l’indice sulle labbra.

 

Sono la danzatrice

che ama chi ama,

che abbraccia chi abbraccia,

che bacia chi bacia,

che dona a chi dona………

…….Sono

la ballerina dell’amore.

 

 

 

ALLA BEATA DI CALCUTTA.

 

 

Cara “Matita di Dio.”

 

Tu sulla terra scrivesti:

“ La vita è una opportunità, coglila.”

Tu l’hai colta con i piccoli.

Tu affermasti:

“ la vita è bellezza, ammirala.”

Tu l’hai ammirata con occhi puri.

Tu dimostrasti:

“ La vita è beatitudine, assaporala.”

Tu divenisti Beata.

Tu dicesti:

“ La vita è un sogno, fanne una realtà.”

Tu hai realizzato il disegno divino.

Tu dettasti a me:

“ La vita è una sfida, affrontala.”

Tu la sfidasti con la Tua Arma Segreta.

Tu parlasti sulla carta:

“ La vita è un dovere, compilo.”

Tu l’hai compiuto per Cristo.

Tu dichiarasti:

“ La vita è un gioco, giocalo.”

Tu fosti la Bambolina di Dio

nelle Sue mani.

Tu confermasti:

“ La vita è preziosa, conservala.”

Tu la conservasti per i Tuoi poverelli.

Tu feci eco a noi:

“ La vita è una ricchezza, non sciupatela.”

Tu non hai sciupato nemmeno un attimo

della Tua esistenza.

Tu dicesti:

“ La vita è amore, godine.”

E Tu ce l’hai fatto godere .

Tu riscrivesti:

“ La vita è mistero, scoprilo.”

Tu hai scoperto che il vero mistero

è il tesoro della povertà.

Tu riconfermasti:

“ La vita è promessa, adempila.”

Tu c’insegnasti a mantenerla.

Tu convincesti:

“ La vita è tristezza, superala.”

Tu l’hai superata più di mille volte.

Tu riaffermasti:

“ La vita è un inno, cantalo.”

E l’inno più bello lo cantasti Tu.

Tu ammettesti:

“ La vita è una lotta, vivila.”

Tu hai lottato per gli indifesi.

Tu intonasti:

“ La vita è gioia, gustala.”

Tu l’hai fatta gustare agli altri.

Tu ridicesti:

“ La vita è una croce, abbracciala.”

Anche Tu hai abbracciato la Tua.

Tu riparlasti:

“ La vita è un’avventura, rischiala.”

Tu, come non tutti, rischiasti l’impossibile.

Tu sorridendo dicesti:

“ La vita è pace, costruiscila.”

E la pace l’hai costruita, tu,

alla terra affamata di Dio.

Tu pensasti:

“ La vita è felicità, meritala.”

Quanta felicità ha meritato il Tuo cuore!

Tu pregasti:

“ La vita è vita, difendila.”

Tu hai difeso la vita degli ultimi.

 

Grazie, Madre Teresa di Calcutta!

 

Silvana Pagella.

 

 

Un altro anno

 

Un altro anno

è trascorso,

un altro anno

è sopraggiunto,

un altro anno

è volato via,

chissà dove,

e non tornerà più mai.

 

Ogni anno

la vita dell’umanità

s’allunga

con un altro anno ancora,

lasciandoci

nel cuore

solo ricordi.

 

 

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