Raci 

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Presentazione:
 le poesie sono tratte dal libro

di Raci “Il mare nell’isola” appena pubblicato

 

 

L’isola che non c’è  Il macchione Feudatario Cixirau La conferenza Natale

 

L’isola che non c’è

E’ natale. Piccole gocce di neve

sul tuo albero luminoso

Un pettirosso sui rami,  cerca riparo

 qualche minuscolo chicco di grano

I bambini aspettano, silenziosi

incuranti del freddo, nel fango

 

E’ natale. Il barbone si nasconde

 dentro un misero cartone

colorato dalla pubblicità e dalla

opulenza

L’occhio  scruta gli emisferi

 non vede gli angoli di strada

 

E’ natale. Verrà di nuovo il babbo

sulla  seggiola di legno, trascinato

dalle stanche renne.

Porterà milioni di doni

 piccole illusioni, un po’ d’amore

e noi,  distratti,

ci sentiremo  più buoni

 

Feudatario

Barone feudale

proprietario onnipotente

Retaggio spagnolo

decrepito, morente

Diritti infami

rinnovata schiavitù

Contadino a fatica

per il misero grano

l’ombra dei cani

per la gioia della terra

e dei frati questuanti

 

Cixirau

(dolce sardo)

Chissà chi ti ha portato sin qui

Forse i saraceni o altri popoli arabi

Sei buono, comunque.

Con quel tuo vestito nero che sa d'abbronzatura,

di deserti o di mari sconfinati

Hai la dolcezza infinita del nettare delle api

la saporosità delle nostre arance

Chissà come sei arrivato qua

Se di quelle genti, come te, si può serbare il

ricordo

 

 

 

 

La conferenza

 

Nella sala dell’opulenza ride la classe eletta

La musica si fa attraente: è l’unità degli intenti

Il miliardario beve Rhum nel teschio bianco

Il burocrate non sbaglia mosse: è attento

Il violino scandisce note melodiose

donne affascinanti incantano nuovi e vecchi invitati

Fuori fa freddo e piove, tace il cane

l’uomo a brandelli, tirato dalla fame si dispera

Urla di rabbia, scuotono le vetrate dei sordi

Ombre di mura, fatiscenti, umide e stanche

Mondi di fango, di fame, di mille malattie 

Esili bambini scheletrici, privi di vita

Nella sala dell’opulenza la farsa del grano indivisibile

I rappresentanti del benessere giocano i dati a dadi

Caos, paure, poi il rapido plasmare dello status

I popoli laboriosi, milioni d'uomini, la produzione

Tanti, i miserabili, sì perdono nelle loro scorciatoie

fantasma

Il gomitolo ingrossa, gli occhi spesso non vedono

Le donne scavate avanzano in un calvario di spine

La certezza si sgretola su torrenti di sangue

L’esercito di sporchi, incolti ed erranti circondano

le nostre case

Come in un gioco ci rincorre beffarda la storia

Intransigenza e regole rigide frantumate dalla miseria

Nella sala dell’opulenza, dell’incrocio dei poteri e

dei giullari

la musica si fa dolce, malinconica, solita litania

Il miliardario bevve rhum nel teschio bianco

Il burocrate non sbaglia mosse è attento

Fuori fa freddo, piove, urla disperate, notti insonni.

 

Il macchione

Coricato su un letto di foglie

al caldo tepore del fuoco

Il corbezzolo brilla di rugiada

profumi di ginestre variopinte

Poi un bagliore, un lampo,

da un muretto messaggi di morte

rumori di un cavallo in corsa

Di nuovo il silenzio,

l’ondeggiare del lentischio e del mirto

un leggero alito di vita

 

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Il macchione

Coricato su un letto di foglie

al caldo tepore del fuoco

Il corbezzolo brilla di rugiada

profumi di ginestre variopinte

Poi un bagliore, un lampo,

da un muretto messaggi di morte

rumori di un cavallo in corsa

Di nuovo il silenzio,

l’ondeggiare del lentischio e del mirto

un leggero alito di vita

 

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