Matteo 

 

Vittoria  

 

Vittoria

 

Strana bestia il tempo, ti illude, s’insinua nelle pieghe dei giorni per ritornare inesorabile a ricordarti di ricordare, a spiegarti il significato della memoria, del tuo tempo maledizione, lontano ormai dal mio.

Questa routine letale, questa estasi di piatto avvenire, che mi annienta e mi dimentica in un oblio di facce e colori, tutti amalgamati nell’uniformità delle cose tutte intorno.

Credevo di essere destinato a soccombere nel grigio affetto premeditato, temevo di non essere più capace di dilungarmi nello spiegare quella cosa chiamato amore, affogare nella reminiscenza di quei giorni con lo sguardo verso te.

Dieci anni sono passati Vittoria, sufficienti credevo per dimenticare, maledizione, per affievolire la tua ingombrante presenza, e invece, invece.

Mi tormenti, inconsapevole di farlo, vivi i tuoi giorni ma ancora una volta, inconsapevolmente parli anche di me. Io che poi temo che il tutto non potrebbe essere meglio di così, che questo interminabile desiderio sia la condizione migliore cui posso ambire.

In questa tenue immaginazione posso plasmare in una forma perfetta anche quello che in noi perfetto non è, ed in questo dubbio morale mi domando cosa posso perdere ancora se non il disagio di vivere condizioni più vere dei sogni.

    

 

 

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di-font-size: 10.0pt">Matteo

 

Quel lembo che sovrasta il termine delle cose, e nasconde l’implicito essere di quelle terrene, quell’essere così imperscrutabile, inarrivabile realtà.

Io che poi temo che il tutto non potrebbe essere meglio di così, che questo interminabile desiderio sia la condizione migliore cui posso ambire.

In questa tenue immaginazione posso plasmare in una forma perfetta anche quello che in noi perfetto non è, ed in questo dubbio morale mi domando cosa posso perdere ancora se non il disagio di vivere condizioni più vere dei sogni.

    

 

 

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