Fedel Franco Quasimodo
Curriculum Letterario

Fedel Franco Quasimodo, nato a Catania il 4/8/1960. Diploma di maturità classica, impiegato amministrativo al
Ministero dell'Interno, presso la Questura di Milano. Autore di poesie, saggi, racconti.
Tra i più significativi riconoscimenti: 1 class. Targa d'oro al I Concorso Letterario "Maria Calabria" e al III premio Letterario "Città del Peloro"; targa 3° class. Al II Concorso di narrativa "San Francesco d'Assisi".
Opere pubblicate: Orizzonti, Antologia AA.VV.edita Da Libroitaliano, Ragusa; "Il giardino dei pensieri",
Silloge poetica, edita dal Movimento Salvemini,Roma.

Aurora e Crepuscolo

Il dubbio

Il sipario   La serie delle rimembranze   Le ore Il pianto in una Messa Alienazione Creatura
 E guardo  Era di decadenza  Eclissi  The Passion Scuse Utopia futura    

 

Scuse

 

 

Dovrei chiederti

In ginocchio scusa,

per essere nato.

Che vuoi farci,

un caso predestinato.

Noie e fastidi:

dalla culla prorompevano

vitali vagiti.

E turbavano il tuo sonno.

Il sonno del giusto.

Il piccoletto cresceva

E si ammalava.

Imparava a camminare

E giocava.

Quante cose osava!

Avrebbe dovuto

Stare chiuso nel grembo.

Nove mesi di burrasca;

poi un posto fisso

in fondo al limbo.

Eppure oggi sono qui.

Il vagito

È idioma forte e comprensibile.

Non esige acqua o latte.

Urla senza ritegno

Alla tua innata perfidia.

 

 

 

 

 

Utopia futura

 

 

Mitica utopia.

Ha le fogge

Di una candela,

la cui cera mai si scioglie.

La speranza:

sfuggire il tuo sguardo

ipnotizzatore.

Un giorno futuro

È scritto sul datario.

Ringrazierò la Madonna

Con un giorno di Rosario.

La montagna scenderà

Dal suo piedistallo,

occupato con boria.

La collina si abbasserà

Sino al lago

Per riempirsi di purezza.

L’alba si congiungerà

Al tramonto,

per fermare il sole

in perpetuo all’orizzonte.

L’ultimo sorso d’acqua

Alla Santa fonte:

non avrò più bisogno

di avventure.

 

 

 

Eclissi

 

Eclissi di luna

Si interpone

Tra la coscienza

E il Divino.

Fase primordiale,

risuona stentorea

di forza bruta.

Ciascun barlume di coscienza

Risulta annerito.

Il ruolo della ragione

È miseramente sguarnito.

Controverse emozioni

Si ripropongo  

In un abito rosso.

Esplodono

I desideri repressi;

infieriscono turpi oltraggi;

si riaccendono

antichi rancori

che sembravano assopiti.

Eclissi: un nero sipario

Calante,

ad epilogo

di un noioso spettacolo

di periferia,

scarsamente affollato.

 

 

 

 

 

 

 

The Passion

 

Il flagello spietato

Squassa il corpo;

a guisa

di iniquo balzello.

Rancore non prova.

Il perdono è l’arma

Dell’Agnello.

La tortuosa via

Si avvolge di nero clamore.

“Salve Re dei Giudei!”

L’infame bestemmia

Erutta in grido.

Il Figlio di Dio

Di un rosso manto vestito.

Non smorza il carnefice

La sovrumana passione.

Passione: sottile mistero

Di profonda empatia.

Fornace ardente d’amore

È il cuore del Messìa.

Afflato cosmico

Di sangue sgorgante.

La tenerezza di Cristo

Privileggia l’infante.

Campi di grano

Inquinati dal seme di Caino.

Gesù regala

L’ultimo respiro.

L’alito si confonde

Col vento dell’oriente.

Vittoria caduca

Di un superbo angelo ribelle.

 

 

 

 

 

 

 

E guardo

 

Miro

Quel cadavere vagante.

E’ in cerca di riposo,

in una bara di frassino.

Albero senescente

Che non produce frutti.

Negli arcipelaghi stellati

Non vi è posto

Per un’anima malsana.

Un fiore

Puzza d’inganno.

Esperto diffusore

Di cronico malanno.

Faro spargente

Luce di illusione.

Millanta

Di aver battuto il leone.

Ma è scivolato sulla pulce.

 

 

 

 

 

 

 

 

Era di decadenza

 

Fitte assassine

Percuotono il core.

L’indifferenza è padrona.

Senza alloggio, versa lo stupore.

Folle questuanti

Inneggiano al Redentore.

Moltitudini di ingrati

Bandiscono il Salvatore.

Gli occhi del demonio

Fissano la terra.

Cattedrali del male

Si cristallizzano

Su rocciosi capisaldi.

Una partita ambita e guerresca:

il possesso del cuore.

L’acredine increspa e corrode

Quell’organo vitale.

L’acqua di mare

Stria la carena di una nave.

Cuore caldo e appassionato

Retrocesso

A gratuita compassione.

Agglomerati di ghiaccio

Soffocano

Probabili fonti di sentimento.

Son certo

Che serberai

Il salmeggio funebre.

 

 

 

 

 

 

Aurora e Crepuscolo

 

Foggie indefinite

Di un corpo

Non ancora compiutamente modellato.

Aurora:

tempo nitido

che illumina di vermiglio

un giorno ancora da scoperchiare.

Un lasso che potrà

Trasfigurare in un’emozione rosea

O degenerare in cupo abbattimento.

Crepuscolo: tonalità cromatica

Di occhio

Illuso di turchese:

preludio di una notte turbolenta,

animata da angoscianti sogni.

Prefazione di un’anima pia

Che lascia un corpo piagato

Che ora tace,

per librarsi

verso una sempiterna pace.

 

Il dubbio

 

Il dubbio

È un demon feroce

Che arresta

Il meccanismo del pensiero.

Come un orologio

Fermo

Per una corda

Mai caricata.

La perplessità

Di non aver dato abbastanza

È il rimpianto che ti danna.

Quell’uomo

Andava salvato,

rantolava da ore

riverso sulla strada.

Ma gli occhi erano spostati;

fissi altrove.

A che giova

Presenziare il funerale

Con due lacrime

E una melensa litania?

Il dubbio rode famelico

E inghiotte senza pietà

Un’appetitosa coscienza.

Un’anima deviata

Non fu da te salvata;

ne avevi la possibilità.

Ti attribuivi

Credenziali di serietà;

perfido galantuomo

dalle dotte frasi

e dai principi in spodestabili.

Ma il dubbio non ti molla

Un istante.

E ti difendi malamente

Architettando la logica

Di uno sterile teorema.

 

 

 

Il sipario

 

Deciderò

Di lasciare la tua vita,

senza blaterare

nefandezze.

Presunzione

Di ergermi a tuo predicatore.

Abbarbicato a una cattedra,

volevo essere

un convincente istruttore.

Voglia incessante

Di impartire la morale:

uomo che da essa

ha tutto da imparare.

Il tuo sorriso amaro

Si circonda di ironia.

Sguardo aggressivo,

inquietante,

simula una faccia serena,

rassicurante.

Esco da quella vita

Inorridito,

memore dell’incapacità

di poterti cambiare.

 

La serie delle rimembranze

 

Che cos’è una mente

Senza il filo del ricordo?

E’ uno scultore

Privo della materia prima

Da forgiare.

Un direttore di orchestra

Senza orchestrali e leggìo.

Il ricordo

È il seme

Che attiva il germoglio

Dell’esperienza.

Una sequela di fotogrammi,

ordinati

per criteri logico-temporali.

Spesso

Rivoltati violentemente

Con l’aratro

Di una superficialità.

La radice di una cultura;

la genesi di un diritto;

la fonte della civiltà.

Chi spegne

Con arbitrio

Il ricordo,

è destinato all’inanità,

affogando

nell’oceano della stoltezza.

 

 

 

Le ore

 

Le ore del giorno

Battono un tempo,

soltanto sciupìo di talento.

E’ ormai il momento notturno:

le luci

mestamente soffuse;

i riflessi

pian piano appannati;

i muscoli

progressivamente rilassati.

Ore che battono più lente, più stanche,

con tintinnìo sibillino.

Un tempo

Cronicamente malato

Si accovaccia

Sul mio leggìo.

Ci si guarda

Con frequenza

Allo specchio:

risulta ogni giorno

flaccido e incrinato.

 

Il pianto in una Messa

 

Seduto su un banco,

fisso ad aspettare,

l’inizio di una Messa

tarda ad arrivare.

Strano brusìo,

Commenti civettuoli

Si mescolano

All’aria

Inondata di incenso.

Una frettolosa stretta

Di mano,

scambiata

col vicino di banco.

Una mano fredda e molle

Si appoggia alla mia.

Vorrei fuggire

All’improvviso

E pregare solo per la via.

Chi si percuote il petto?

Son tutti immobili,

in silenzio,

a chissà cosa meditare…..

Languono

Le fresche piaghe di Cristo.

Chissà, forse Egli

Gradirebbe nel suo Tempio,

un solo peccatore contrito

che una massa di non so che,

col griffato abito

della domenica,

avvizzito.

   

 

 

 

Alienazione

 

                                                       

Il laccio

è ben stretto all’addome.

E con nodi ben articolati,        

lavorati da manuale,

ti lega a quella fissazione.                                                              Alienazione: burattinesca

megera,                                                                ricoperta di pustole maleodoranti.

Illude

con fascinosi sogni di grandezza.

 Svilisce la sensibilità

in una carità senza cervello.

La spia luminosa

di un male.
                                                                      Ricambiato col male.

Strana idea

che il diverso

è solo da disprezzare.

Non puoi competere,

ad armi pari,

con l’alienazione.

Almeno finchè,

con insana prodigalità,

le regalerai

un fascio di fresche forze.

    

 

 

 

Creatura

 

Una figura

Si apposta

Dietro la mia porta.

So già chi  è giunta.

E non ho uno spioncino

Che sia complice

Della viltà.

Pazientemente attende

La creatura,

ritta e impassibile,

accanto l’uscio sgangherato.

Ma fingo di non trovar le chiavi,

per smuovere una serratura

forte e complicata.

Le mani si agitano

Sudaticce

Al fine di cacciare

I fantasmi

Che vagano nell’aria.

Una cefalea

Si scatena all’improvviso;

squassa e gonfia

le vene delle tempie.

La creatura è unica,

elargitrice di pazienza;

non si scompone

per le lunghe attese;

non sfiora minimamente

il campanello:

la creatura è gentile e cortese.

Ella comprende

Che l’ho percepita,

sin da quando da casa sua

è uscita.

Il tutto per visitare

Un illuso-recluso come me.

Ogni pezzo del mio interno

Le è noto.

Ciascuna minima reazione

Da ella calcolata.

La creatura è tanto buona;

non sfonderà

quella maledetta porta.

Mi giunge accanto,

quando la invoco;

simula la fuga

se la ripudio.

E non si irrita

Se non trovo la chiave

Per fugare

Ogni fobia.

 

 

 

 

 

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