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Dalla sua raccolta: "Coscienze di mulini a vento"
… il giovane teneva un braccio
attorno alla vita della ragazza
e le premeva la mano sul seno
(Franz Kafka, America)
Resta Viva | Tre sorrisi | Lucida poesia. | Rose d’amianto | La ragazza bruna | Il vento sfarfalla | Gennaio, eccetera | Aprile, dichiarazione ufficiale. | Immobile in Sei movimenti. | Cadenza |
Resta Viva
Avevi una spallina in odore d’eresia, quando t’affacciasti alla finestra ad osservar la pioggia e io a guardare te, una spiaggia sguarnita di ombrelloni spiegati come voglie se un colpo di vento le volava via.
Domani presto. La valigia piena utilizzata per metà, passeggi inquieta portando a spasso la tua migliore amica. Resta viva e se altre labbra t’incendieranno il seno, prego, ometti di servire alcool ai gabbiani.
Mai doma, pioggia ruffiana!
Ho visto quel che non si vede, ma non esiste ciò che ho visto.
Una brace illumina e ombreggia volti sconosciuti che inseguono l’aurora movendosi ai lati d’una scacchiera in stallo. Chi sono io? Non dovrei chiedermi, ma sembro il sorriso scoccato dal palco di un teatro mai aperto.
Potrei nascere dalla tomba e raggiungere, camminando, mia madre per rinfrescarle in viso il gelido make up, ripensare seriamente al volo. Sorrido. Soltanto il desiderio rifà profilo alle cose, tutti sono ritorni.
Che sia riagguantare lo sfuggito con il morso di un cavallo scosso, che sia su strade poco illuminate. Chi sono io? (altro sorriso) Amarsi è l’incontro con qualcuno che sappia rompere il silenzio.
********************* col bikini bianco promette amore eterno mai promiscuo, soltanto eterno poi, sentendosi tradita, si lascia perdere di vista.
La distinguo netta fuggire in mezzo a corsie di persone che stanno così male da dover portare i cani al mare, poi sono preso e rispedito al fronte.
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Il vento sfarfalla l’orlo agli ombrelloni, moto ombroso in aumento, qualcuno si da all’acqua con mani sui fianchi e cenni pensierosi, vuol dimenticare l’Adriatico sporco che danza sotto i pontili.
Abbandono i gomiti annoiati su braccioli di musica minimale, Ludovico Einaudi non è questo fenomeno. Vorrei i tuoi baci sulle gambe accavallate e mi picco d’esser fiero fingendo di allungare.
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La mia, stessa vergogna dei girasoli, capochino e silenzio. Ibrido di pavone e puttana. Incapacità a costruire castelli di sabbia causa pastoie auto inflitte.
La notte fu Cohen. Serenata fuggita e limite, soffio, altra vergogna nella babele di rigurgiti antichi, sono stato ero, non più. Saremo amanti straordinari.
Veloci, feroci,
poi vattene,
Gennaio, eccetera
La vita mi disgusta sento i limiti di dolore e stanchezza, radiodramma di voci fuoricampo, ognuna nella propria lingua originale.
Ripassa strade ove l'inverno regge costruzioni d’epoca diversa, il bianco e nero vira in sfumature molto vicine al pallido.
Non mi sono noti i parametri che spingono alla nausea, certo non amo decisioni altrui e in altra sede, posso subirle soltanto.
Noia é lussi cui anelo mentre cadono ex fiori profumati che il tempo rimpiazza con getti nuovi del tutto estranei alla mia logica.
Sembra bizzarro dovermi avviare a una nuova stagione debilitato nell'olfatto e ad angoli completamente chiusi.
Aprile, dichiarazione ufficiale.
Morì ch'era ancora bella, apprenderlo dapprima stupì infine turbò.
Seppi di lei come del campo, ogni sepolto giaceva due metri sotto e gli eventi riassestarono in breve il terreno senza che si perdessero i contorni d'ogni singola fossa.
I profumi, il sole, mai più avrebbero evocato rivoli di stagioni e capricci, non si rivide e ogni parola tornò in forma di parodia, o non tornò affatto.
Ancor oggi dormo sul suo letto e mi pesa il cuore che la pioggia sullo stomaco ancora non assesta.
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Queste mura rifatte e riempite di mattoni deserti mai recano soggetto né asserzioni compiute. Restano in piedi nell’ansia del prossimo crollo, mai l’impassibile muro tradisca segni d’abbattimento.
Ieri notte il gelo non trovava adeguata barriera a impedire il tormento dei sensi mentre camminavo tranquillo intorno al perimetro cercando finestre con ogni sguardo, senza vederle. Disegnini per quando sarai solo.
Intanto qualcuno riprendeva la scena. Ho un portafogli gonfio di carte, poche pagano, alcune ripagano, molte da gettare. Inutili. Potrei colmare il fossato. Ricordare di tirare le tende, tale e tanta la necessità di dire, poi fermare il pianto.
Insapori i giorni di gelo, duri al palato, roventi al labbro, sono i baci rappresi a dicembre. Così è l’anima s’ottunde ai vestiti. Lecito smarrirla, ma ritrovarla è diabolico. Intanto la chiusa diligente regola flusso e riflusso dell’acqua nel fosso.
Il castello non esprime, rinnega conquiste presenti e passate. Staticità è quanto di più opprimente e disadorno che acqua mai copra. Intanto un fiume, singolare cristo, scorre nelle case, e taglia non bagna. Spesso accettare è l’unica uscita dall’intrico di vie.
Ora, non domani, nulla può ammodernare l’attesa. Vita sdrucita. Ho atteso e non per questo tenni da parte i danari dell’esistenza. Prosegue distratto il pedone non sa dove va. Altre vite ero io, il muro nero guarda, non vede. Espugnato. |
Prostrato a un infinito stato di grazia, e giorni, giorni oramai d’inquiete che il quotidiano miete ogni fiore, ogni profumo e ne fa secco. Mani sì, d’inconsistenza al grido una sull’altra e sonno dai malagevoli sogni, fino ai tagli di luce da finestre disimparate e brandelli di faccende ancora in mezzo. |
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